La Nuova Sardegna

Sassari

Un progetto per salvare il carciofo spinoso sardo

di Vincenzo Masia
Un progetto per salvare il carciofo spinoso sardo

A Ittiri un nuovo incontro dei produttori che registrano un’annata disastrosa Fra le proposte alla Regione la ricerca di nuovi mercati e l’accesso agli indennizzi

10 marzo 2016
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ITTIRI. La produzione del carciofo spinoso sardo, che quest’anno ha registrato una delle peggiori annate che si ricordino, continua a tenere col fiato sospeso i produttori di Ittiri, Uri e Usini, centri vocati alla coltivazione del prelibato ortaggio. La paura, manifestata nel corso di un incontro tenutosi nel gennaio scorso, promosso dall’amministrazione comunale di Ittiri era, e continua a rimanere quella di un definitivo tracollo economico per centinaia di famiglie che vedono sparire la più importante e, in tantissimi casi, l’unica fonte di reddito. La principale responsabile del tracollo del mercato del carciofo, hanno segnalato i carcioficoltori e i rappresentanti di categoria, è stata la siccità che ha investito il periodo produttivo del 2015/216. A quell’incontro, servito per fare il punto della situazione e raccogliere proposte finalizzate al superamento della grave crisi, ha fatto seguito una riunione tra i sindaci di Ittiri, Usini e Uri e dei rispettivi assessori all’Agricoltura, tenutasi a Usini il 7 marzo, dalla quale è scaturito un documento comune dove, oltre all’analisi del difficile momento che attraversa il comparto, gli amministratori indicano, sentite le proposte dei produttori, linee guida che vengono sottoposte all’attenzione dell’assessore regionale all’Agricoltura e del presidente della V commissione del Consiglio regionale. Dal documento si evince che le aziende interessate sono circa 150 con oltre 600 ettari coltivati a carciofo. Sul fronte dei costi si registra una spesa media di 5mila/6mila euro per ettaro con un ricavo, in annate medie, pari a 10mila/11mila euro per ettaro. Nella passata annata i costi sono stati superiori ai ricavi, causa la persistente “bella stagione” con assenza di gelate, cosa che ha favorito l’abnorme e abbondante produzione al punto da obbligare i produttori, per prezzi irrisori del prodotto, a lasciare i carciofi sulle piante. Un forte allarme, che per fortuna sembra parzialmente rientrato, è quello delle mancate precipitazioni con gli invasi ai minimi storici e quindi con riserve d’acqua insufficienti per l’irrigazione della prossima annata. Se si dovesse scendere al di sotto del milione e mezzo di metri cubi di acqua che l’Enas erogava per la coltivazione del carciofo, la Valle del Giunchi nel territorio di Ittiri, Usini, Ossi, Florinas e Banari, assieme ai terreni attorno al bacino del Cuga, rischierebbero di diventare un deserto. Altro elemento che grava sulle tasche, già prosciugate dei coltivatori, è quello dell'assicurazione che incide per 1.400 euro a ettaro. Sono ben sette le soluzioni che vengono prospettate alla Regione e che vedono, prioritariamente la prosecuzione della produzione dello “Spinoso Sardo” con produzioni qualificate (dop) e di alta qualità. Seguono: la ripartenza della selezione massale sull’ecotipo locale; la ricerca di nuovi mercati; avvio industria di trasformazione; valutazione ingresso dei prodotti nella coop Sardortaggi Sassari; accesso a forme di indennizzi previste dal nuovo Piano di Sviluppo Rurale; risoluzione dell’annoso problema del costo dell'acqua e della continuità territoriale. Luigi Lotto, presidente della commissione Agricoltura in consiglio regionale sottolinea: «L’esigenza è di una massima attenzione a livello regionale per uno dei territori vocati alla coltura ortiva. Ritengo che le proposte formulate siano condivisibili e, comunque, da approfondire studiando opportunità di forme di aggregazione e cooperazione fra gli operatori, in modo che siano loro, i produttori, a svolgere un ruolo fondamentale che crei maggior forza contrattuale sul mercato».

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