La Nuova Sardegna

Sassari

PARLIAMONE

Le bonifiche e la gara fatta in casa

di Gianni Bazzoni

07 febbraio 2016
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È ricominciata la gara. Basta un appuntamento, un sopralluogo, l’aggiornamento dell’iter burocratico lungo e complesso, per mettere sul piedistallo gli ultimi che - improvvisamente - diventano i primi, quelli che hanno fatto tutto e che non si prendono neppure la briga di conoscere quanto sia complicata e a volte assurda la strada che porta alle bonifiche di un territorio con una storia di industrializzazione che ha attraversato la metà di un secolo.

Sulle bonifiche a PortoTorres si gioca l'ennesima staffetta, solo che chi sta per arrivare al traguardo getta via il testimone lasciato dagli altri partecipanti alla sfida perché non vuole toccarlo con le mani, quasi fosse contaminato anche il passaggio di consegne.

E' forse questo il vero motivo per il quale il progetto per il risanamento dell'area industriale di Porto Torres, nel frattempo Sito di interesse nazionale tra i più estesi e difficili da riportare a una condizione di normalità, ha viaggiato lentamente nel corso degli anni. E' stato più facile beccare un disgraziato che ruba una merendina e condannarlo, o sanzionare pesantemente un disinvolto utente che scarica rifiuti in zona non consentita piuttosto che stabilire le responsabilità di grandi imprenditori (la Sir di Rovelli) e di multinazionali che hanno contaminato enormi spazi a terra e in mare (il gruppo Eni in generale).

Oggi il progetto per le bonifiche è a un passo dalla realizzazione, dall'apertura dei cantieri. Prefettura e Provincia, questi gli ultimi due nulla osta prima dell'avvio dei lavori che potrebbe avvenire entro pochi mesi. Ma quello non sarà il traguardo, solo il punto di partenza. Perché tanti anni di inquinamento non si cancellano con un colpo di spugna e neppure facendo in modo che chi ha raccolto l'eredità pesante di quelle forme di distruzione venga messo nella condizione di non agire. Non si può solo guardare al terreno da ripulire, ai rifiuti da rimuovere. E non si può dire che quei lavori devono portare alla soluzione del dramma della disoccupazione in un territorio che attraversa una delle crisi più gravi del dopoguerra.

Occorre pensare in termini moderni, guardare all'andamento di un mercato che mette in evidenza le grandi aziende specializzate che, purtroppo, raramente hanno basi in Sardegna e quindi escludono l'imprenditoria locale dagli appalti che contano. E' stato perso tempo a guardarsi allo specchio. Mentre la complicata macchina delle bonifiche andava avanti a passo lento (dal momento delle caratterizzazioni, passando per tutte le conferenze di servizi, studi, analisi, valutazioni e progetti, con le varie amministrazioni comunali, provinciali e regionali che si sono susseguite) sull'altro binario la marcia si è interrotta. Forse solo tre o quattro aziende potranno partecipare al Progetto Nuraghe che l'Eni-Syndial ha messo in campo per bonificare la collina dei veleni di "Minciaredda" e per le Palte fosfatiche. Serviva un percorso parallelo, investendo sulla formazione, sensibilizzando i futuri p. rofessionisti del settore sulle problematiche, ma anche sulle opportunità legate alla bonifica dei siti inquinati.

Allora è giusto che chi governa oggi prenda il testimone e lo tenga saldo tra le mani, senza lasciarlo cadere a terra solo perché è stato maneggiato da altri. Arrivare a un passo dalle bonifiche è stata la corsa più dura che si potesse fare, anche perché le forze contrarie erano e sono ancora tante e solo un territorio unito può sperare di arrivare al traguardo senza cadere pochi metri prima. Non si butta mai via il lavoro degli altri se si vuole crescere, se si crede sulla validità di un'azione che può produrre effetti positivi sul fronte ambientale e sociale.

Porto Torres è un pezzo di Sardegna, un polo - come lo chiamano - dove si concentrano mali e potenzialità di un'Isola, e guarda caso si deve sempre passare per quella distesa davanti al mare, dove le ciminiere non fumano più, sono spente da tempo. Dove si giocano le sfide legate proprio alla valorizzazione e al rilancio di terre che hanno avuto una lunga storia di industrializzazione: tra grande benessere e distruzione, tra illusioni e crolli con effetti devastanti. Quello che resta oggi è una opportunità: ripulire la casa per accogliere nuove realtà, per dare spazio a chi vuole venire per aprire produzioni compatibili con l'ambiente e rispettose della salute delle persone. Gli esempi che arrivano dalla Germania e dagli Stati Uniti, ma anche dalla Repubblica Ceca, dicono che si può fare, che è determinante il legame tra tecnologie e riconversione industriale. Se si vuole dare un contributo per uscire dalla crisi (ci vorranno ancora molti anni), senza inutili slogan e senza gare a chi arriva per primo a sedersi sulla poltrona del vincitore, si può fare. Ma non si getta via il testimone di una lunga staffetta ancora in corso. Perché se cade questa volta rotola via per sempre.

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