La Nuova Sardegna

Sassari

Ha 30 anni il cuore goceanino di Li Punti

di Nadia Cossu
Ha 30 anni il cuore goceanino di Li Punti

Una comunità di cinquecento persone e un comitato che organizza con cuore e anima il tradizionale “Fugarone” de Sant’Antoni

10 gennaio 2016
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SASSARI. Nelle fredde notti da emigrato in Germania il suo sogno ricorrente era quello di poter tornare un giorno in Sardegna. La nostalgia era tantissima. Poi a un certo punto Francesco Becciu, originario di Bultei, si è ammalato e a casa ci è tornato davvero.

«Avevo fatto un voto a Sant’Antonio promettendo che avrei organizzato la festa in suo onore, una ricorrenza che nel nostro Goceano è particolarmente sentita. E così ho fatto». Da quel giorno sono passati la bellezza di trenta anni, Francesco Becciu non indossa più la cravatta del periodo tedesco – «preferisco il berretto» – e l’appuntamento con Su fogarone de Sant’Antoni a Li Punti è uno dei più partecipati, anche dai personaggi politici.

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C’è una comunità tutta goceanina nel quartiere a quattro chilometri da Sassari, circa 500 persone che arrivano da Anela, Burgos, Benetutti, Bultei, Bono, perfettamente integrati e con un amore smisurato per le tradizioni che appartengono ai loro paesi d’origine. Tanto da aver voluto riproporle anche a Sassari dove vivono ormai da quarant’anni. Erano approdati in città – nella zona di Li Punti – «perché c’erano le cave che davano lavoro». Si può anzi dire che siano stati proprio loro a fondare il quartiere. Hanno creato lì le loro famiglie e costruito la loro vita.

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«Il 17 gennaio si avvicina e noi siamo pronti ad accogliere chiunque voglia partecipare alla serata di festa – dicono Becciu, socio fondatore e presidente del comitato, e Giovanni Farina, uno degli organizzatori che ha anche messo a disposizione la propria casa insieme alla moglie Marisa Masia per il rito della preparazione dei dolci – In tutti i paesi del Goceano si facevano sas tiliccas e sas cogonas de sabas, realizzati con su pistiddau, miele cotto con semola e bucce d’arancia tritate, e con mosto di vino cotto, sa saba appunto».

Ieri, sveglia alle sei del mattino per le circa quindici donne che hanno cominciato all’alba a impastare e infornare. Chili e chili di tiliccas che verranno offerte ai visitatori la sera del 16 quando ci si riunirà intorno al fuoco di Sant’Antonio.

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Sempre sorridenti, al lavoro in un’atmosfera che ricorda le piccole comunità di paese, tra profumi genuini e chiacchiere che rievocano usanze antiche: le mani intrecciano la pasta fresca con arte e delicatezza, ognuna ha un compito diverso e ognuna lo rispetta. La stanchezza non scalfisce i volti di queste donne che, per il trentesimo anno, sono protagoniste accanto ai loro mariti di un momento di festa e di socializzazione. «Qui si offre e basta. I visitatori non pagano – tengono a precisare – sono nostri ospiti. E naturalmente tutto questo è possibile anche grazie alla collaborazione di don Costantino Poddighe, parroco di San Pio X».

Ma il menù di Sant’Antonio non prevede solo dolci. Dopo la messa alle 18 con la partecipazione del coro delle confraternite Santa Margherita di Bultei, ci sarà la processione dalla chiesa al falò, l’accensione, poi la distribuzione dei dolci alle 19.15 e alle 20 la favata. Spazio anche alla musica con i balli sardi in piazza con l’organettista Antonello Falchi di Bultei e i Tenores Sos Coroneddos.

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