La Nuova Sardegna

Sassari

Stazione, l’ultimo presidio grazie al vecchio edicolante

di Luca Fiori
Stazione, l’ultimo presidio grazie al vecchio edicolante

Tra degrado e mancanza di servizi il solo ad andare avanti è Carmine Addonizio Da 55 anni si alza all’alba per vendere i giornali: «Lavorerò finchè avrò le forze»

17 dicembre 2015
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SASSARI. Se i nuovi treni non sono poi così veloci come si sperava, la vecchia stazione ferroviaria è proprio immobile. Ferma da qualche decennio per la qualità dei servizi, dimenticata e abbandonata a se stessa, aggrappata all’ultimo presidio - la storica edicola - in attesa che almeno l’inizio di una nuova era per le ferrovie della Sardegna porti una ventata di cambiamento nel vecchio stabile costruito dalla Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde nella seconda metà del XIX secolo, e inaugurato nel 1884.

Con il deposito bagagli chiuso da una decina d’anni e l’unico bar sbarrato da quasi tre, arrivare con il treno in stazione dopo le 19, oltre che scomodo, può diventare anche pericoloso. La polizia ferroviaria, che fino a venti anni fa poteva contare su 40 uomini in servizio, oggi ha un organico ridotto in città a undici unità e può garantire il turno solo dalle 7 alle 19.

Prima e dopo quella fascia oraria la seconda stazione dell’isola è terra di nessuno. Qualcuno che prova a tenere in vita quella che per anni, in un passato ormai lontano, è stata la principale porta d’ingresso in città in realtà c’è. Ottan’anni fra qualche mese, da 55 a questa parte Carmine Addonizio, originario di Salerno, è il primo a mettere piede in stazione e uno degli ultimi ad andarsene. Il suo sorriso incorniciato da quotidiani e settimanali è un pezzo vivente della stazione di Sassari. «Il giorno che non mi vedrete più qui - racconta con serenità - vorrà dire che sarò passato a miglior vita». Innamorato del suo lavoro, l’anziano edicolante negli ultimi anni ha cercato nel suo piccolo di colmare la grave lacuna del bar chiuso e accanto ai settimanali ha sistemato un cestino con snack e merendine che vende ai passeggeri. «Resto aperto per dare un servizio - spiega amareggiato - questo lavoro è sempre stato la mia vita e non riesco ad immaginarmi lontano da qui». Dopo aver sconfitto un tumore, essere sopravvissuto a un infarto e a sette operazioni ed essere sempre tornato in mezzo ai suoi giornali, il signor Carmine ha visto la stazione pian piano cambiare volto, fino al degrado attuale. Molti clienti, per mille motivi, lo hanno abbandonato, ma tanti continuano a compare il giornale da lui. «Per alcuni anziani è un’abitudine - racconta - arrivano anche da altri quartieri della città per scambiare due chiacchiere con me». E a lui questo fa piacere. È certamente un buon motivo per alzarsi tutte le mattine dell’anno alle 4.30, nonostante il calo crescente della vendita dei giornali. «Negli anni Settanta - racconta - vendevo ogni giorno 600 copie della Nuova, ora oscillo tra le 50 e le 60 copie. Ci sono domeniche - conclude - in cui torno a casa con un incasso di 5 euro. Ma fino a quando avrò le forze non mi muoverò di qui».

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