La Nuova Sardegna

Sassari

Festa a Sant’Apollinare sotto il crocifisso “scuro”

Festa a Sant’Apollinare sotto il crocifisso “scuro”

L’effige raffigura un Cristo con un colorito bruno, unico esemplare in Sardegna Domani la cerimonia in onore del patrono nell’antica chiesa del centro storico

13 dicembre 2015
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SASSARI. L'antica parrocchia di Sant’ Apollinare festeggia il patrono con una solenne cerimonia liturgica presieduta dall'arcivescovo padre Paolo Atzei che renderà omaggio al capolavoro d'arte e devozione custodito sull'altare maggiore: il miracoloso santissimo Crocifisso.

Di questo si hanno notizie documentarie solo a partire dal 1555, quando l'arcivescovo Salvatore Alepus lo indicò nella Relazione della visita pastorale, ma l'opera è più antica e risale alla fine del Quattrocento, ed ha la rara caratteristica di raffigurare il Cristo con un colorito scurissimo della pelle che ne fa uno dei pochi esemplari esistenti in Europa e l'unico presente in Sardegna.

La scultura lignea si salvò, ma con qualche danno, dall'incendio che divampò nella chiesa il 13 dicembre del 1650, innescato da del "frascame" deposto da un devoto per Santa Lucia. Il Cristo, come raccontano le cronache di quei giorni scritte dal Rettore Don Diego Pilo y Passamar e dal giure-consulto Pietro Quesada Pilo e riportate insieme ad altre preziosissime informazioni in un libro del canonico Antonio Marcellino del 1906, venne portato in salvo grazie al coraggio di un devoto siciliano, il capitano Antonino il quale, rischiando la propria vita, s'introdusse nella chiesa e lo mise al sicuro dalle alte fiamme che in poco tempo l'avevano avvolta. L'anno successivo, allo scoppio di una violenta pestilenza, quell'evento ne fu ritenuto un sinistro presagio. Il simulacro, oggetto di una profonda venerazione, venne successivamente affidato dal parroco don Giovanni Francesco Passamar a uno dei pochi artisti scampati alla morte nera, Diego Manunta, ritenuto il miglior scultore della Sardegna. L'artista, come ci racconta la cronaca seicentesca, prima di mettere mano alla “sacra scultura” si confessava e in segno di devozione eseguiva l'intervento di riparazione stando in ginocchio. Dopo il restauro finalmente il 14 dicembre 1660 il Cristo venne riportato in chiesa con processione solenne e collocato nella cappella oggi dedicata ai santi Martiri Turritani.

"Il Santissimo Crocifisso della chiesa di Sant'Apollinare di Sassari" pubblicato in occasione del restauro condotto nel 2002, offre grazie alle analisi radiografiche effettuate, un resoconto puntuale di quell'antico intervento e delle inattese scoperte e riporta, in forma anastatica, l'introvabile libro del Marcellino che si pone come importante fonte storica sull'antichità della devozione e del radicamento del culto che da sempre circonda questa immagine sacra nella città.

Il Crocifisso veniva infatti invocato dalla popolazione per propiziare la pioggia "ad petendam pluviam" a partire dal miracolo, cantato in un poemetto in ottave in lingua spagnola, che pose fine ad una rovinosa siccità. E la disperazione seguita al rogo della chiesa che lasciò il Cristo " usto ma non combusto" fece presagire grandi disgrazie che avrebbero colpito la città che, mancando il Crocifisso, sarebbe rimasta senza protezione. E così fu: l'anno successivo sarebbe scoppiata la grande peste che devastò la città e che spinse a fare il Voto alla Madonna Assunta da cui traggono origine i Candelieri.

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