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«Noi operai messi in mobilità e il lavoro affidato a terzi»

«Noi operai messi in mobilità e il lavoro affidato a terzi»

PORTO TORRES. «Vorremmo chiedere ai signori dell’Eni e delle loro committenti come può vivere un operaio che riceve un assegno di mobilità di 900 euro per far studiare tre figli e pagare il mutuo...

05 dicembre 2015
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PORTO TORRES. «Vorremmo chiedere ai signori dell’Eni e delle loro committenti come può vivere un operaio che riceve un assegno di mobilità di 900 euro per far studiare tre figli e pagare il mutuo della casa». Lo dice un operaio ex Sicmi dell’indotto – ma ci sono gli altri 25 colleghi in una situazione più o meno analoga – che dal 30 settembre ha finito il contratto di lavoro all’interno del progetto chimica verde al pari dei suoi compagni. Lo spettro della disoccupazione dopo circa trenta di lavoro all’interno dello stabilimento della Marinella è stata una mazzata per certi versi improvvisa, perché c’era ancora quella fiducia dettata dai famosi accordi firmati da politica e parti sociali sul nuovo progetto presentato dall’azienda Matrìca. «Siamo stati sottoposti al ricatto della mobilità – aggiunge un altro operaio ex Sicmi –, e invece di avere diritto al nostro posto di lavoro, come concordato dall’Addendum, ci hanno fermato per fare andare avanti manovali che arrivavano da altre regioni o dal sud della Sardegna».

Per loro che hanno lavorato tanti anni nel petrolchimico – dando disponibilità di manodopera sempre e comunque –, tutto è cominciato dopo il passaggio dalla chimica di base alla chimica verde, ossia il progetto generato dalla joint venture tra la Novamont e la partecipata Eni Versalis. «Abbiamo perso tutti i diritti con quel passaggio, e da quel momento ci hanno utilizzato prima come contenitore di produzione e poi spediti a casa come stracci vecchi: non è stato attivato neanche l’ufficio Insar, di cui facevamo parte, e sull’assenza di questa risorsa-lavoro c’è tanta responsabilità da parte della politica a tutti i livelli».

Sotto l’albero di Natale vorrebbero riavere il lavoro e non l’assegno di mobilità, così come scritto in quegli accordi sinora mai rispettati. (g.m.)

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