La Nuova Sardegna

Sassari

l'intervento

Le carni ovine e bovine della Sardegna possono contrastare i tumori

di Giuseppe Pulina e Marcello Mele*
Un macellaio in un'immagine d'archvio
Un macellaio in un'immagine d'archvio

E' accertato: quelle che derivano da animali allevati al pascolo con rigidi protocolli contengono sostanze in grado di combattere i processi cancerogeni

07 novembre 2015
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Pochi giorni fa lo Iarc ha pubblicato su The Lancet Oncology una nota di due pagine che ha scatenato un putiferio mediatico: 22 scienziati hanno ritenuto carcinogenico il consumo di carni conservate e probabilmente carcinogenico quello di carni rosse.

Pur riconoscendo l'alto valore nutrizionale delle carni, questa affermazione ha portato lo Iarc a classificare relativamente al cancro al colon-retto (Crc) le carni conservate nel gruppo 1 (sostanze carcinogeniche per gli umani) e le carni rosse in quello 2A (sostanze probabilmente carcinogeniche per gli umani).

Va precisato che il gruppo di scienziati non è stato unanime nel responso e che dei circa 800 lavori consultati ne ha preso in considerazione soltanto 27 (1/3 dei quali a riposta nulla) per le carni conservate e 29 (metà dei quali a risposta nulla) per quelle rosse. Gli scienziati Iarc hanno anche fornito (appoggiandosi su un unico lavoro), il rischio relativo del consumo di questi alimenti.

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Va peraltro rimarcato che soltanto un anno fa un altro gruppo di 23 scienziati, provenienti da 8 Paesi, aveva pubblicato conclusioni opposte, a dimostrazione di quanto la materia sia altamente controversa e che occorrono molte più evidenze di quante utilizzate dallo Iarc per poter con certezza affermare che il consumo di un alimento così complesso possa essere sicuramente associato, seppure con livelli di rischio molto bassi (1/10 dell'esposizione allo smog, 1/20 del consumo di alcool, 1/30 del fumo di sigaretta) all'insorgenza di Crc.

Inoltre, gli scienziati Iarc hanno tenuto conto di uno studio epidemiologico molto importante come quello Epic pubblicato 10 anni fa, ma non hanno citato i risultati del medesimo studio Epic aggiornati al 2013, dove, da un lato, si confermava il sospetto dell'associazione tra consumo di carni trasformate e Crc (limitato però a soggetti che consumavano 160 g di carne trasformata rispetto a coloro che ne consumavano meno di 20 g al giorno), e dall'altro veniva ben sottolineato che per le carni rosse tale associazione non esiste.

In buona sostanza, il parere reso a maggioranza deriva proprio dalla letteratura scientifica tutt'altro che univoca nell'indicare un'associazione tra carni rosse e cancro; anche per le carni trasformate, malgrado le evidenze sperimentali siano più rilevanti, rimangono ampi margini di incertezza, quantomeno sulle quantità consumabili in relazione al rischio.

La qualità nei controlli delle filiere carni italiane sono sufficienti a garantire il consumatore nei confronti di questo e di altri rischi di tipo tossicologico. Non bisogna dimenticare poi che molti salumi commercializzati in Italia, soprattutto i prosciutti crudi, non contengono i nitrati e i nitriti indicati quale causa della cancerogenità delle carni trasformate.

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La nota Iarc ricorda che i composti derivanti dai nitrati e nitriti (Noc) e gli idrocarburi policiclici aromatici (Pah) sono la causa della presunta cancerogenicità delle carni. Tuttavia, anche sulla reale tossicità dei Noc esistono studi che mostrano come nitrati e nitriti possono anche essere metabolizzati in ossido nitrico e, come tale, promuovere un beneficio cardiovascolare.

Va aggiunto, infine, che le carni trasformate non sono le uniche fonti nell'alimentazione dell'uomo per Noc e Pah: molti tipi di vegetali freschi (lattughe, sedani, carote, spinaci, cavoli, rucola, ecc.,) sono fonti significative sia di Noc sia di Pah, mentre i prodotti da forno, diversi tipi di bevande e i frutti di mare sono certamente fonti primarie di Pah.

Le carni bovine e ovine dalla Sardegna, ottenute da animali prevalentemente al pascolo e con rigidi protocolli di benessere animale adottati dagli allevatori, contengono sostanze nutraceutiche quali il Cla in grado di contrastare, questo sì scientificamente accertato, i processi coinvolti con la carcinogenesi.

*Università di Sassari e Università di Pisa

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