La Nuova Sardegna

Sassari

I profughi: «Questa città ci piace»

di Pinuccio Saba
I profughi: «Questa città ci piace»

I 60 stranieri ospitati nei locali di un night club studiano l’italiano e intendono imparare un mestiere

26 ottobre 2015
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SASSARI. Quello ospitato in una ex discoteca dalla dubbia reputazione è un centro di accoglienza con qualche differenza rispetto agli altri. Se non altro perché uno dei responsabili è il referente della comunità senegalese di Sassari, Cheick Diankha, che ha vissuto prima di loro i disagi dell’emigrazione. Inoltre nessuno di degli immigrati richiedenti asilo vuole lasciare Sassari e la Sardegna.

Il centro. È ospitato nei locali dell’ex discoteca Kiss Kiss, night club sulla strada per Porto Torres con una consistente presenza di entraineuse che non si limitavano a tenere compagnia ai clienti mentre bevevano dello scadente spumante ma pagato come un pregiato champagne. Il Centro è gestito dalla Janas International. Gli uomini sono ospitati in un grande camerone, in attesa che vengano realizzati i muri divisori, mentre le donne sono ospitate nelle stanze che si trovano al piano superiore. I responsabili del Centro hanno riattivato il bancone bar (ma solo per bibite e caffè) e rimesso in funzione la cucina. Cucina che è affidata una cuoca senegalese che prepara, ovviamente, solo piatti africani. I “servizi ricreativi” sono completati da un televisore collegato a una parabola satellitare che riceve programmi provenienti dalle emittenti africane, alcuni bilancieri e l’immancabile pallone.

Gli ospiti. Sono una sessantina, comprese 19 donne. La nazionalità predominante è quella nigeriana ma non mancano sette ghanesi, cinque provenienti dal Mali, tre ivoriani (Costa d’Avorio), tre senegalesi e due che hanno lasciato la Guinea. L’ospite più anziano ha 43 anni, il più giovane 19 «ma avevamo anche un ragazzo minorenne – spiega Cheick Diankha – che adesso è ospitato in una comunità, a Sorso». Molti di loro hanno una scolarizzazione superiore e ci sono alcuni laureati. Come un ingegnere informatico che ha lavorato per a Siemens ad Abidjan. Non mancano muratori e imbianchini, parrucchiere ed estetiste (soprattutto giovani nigeriane) come è nigeriana la stilista del gruppo. La maggior parte sono cristiani e frequentano le chiese di Sassari e Porto Torres. I musulmani, una quindicina, pregano cinque volte al giorno ma vorrebbero frequentare il luogo di culto di Li Punti. Quasi ogni giorno si recano a Sassari o Porto Torres («ma non chiedono l’elemosina», precisa Cheick Diankha). Non appena ricevono il pocket money, i due euro e 50 al giorno, si precipitano a Sassari per acquistare prodotti per la cura del corpo e dei capelli in alcuni negozi del centro storico. Un viaggio che spesso percorrono a piedi, sfiorati dalle automobili che transitano sulla ex Carlo Felice. «Lo sappiamo che è pericoloso, soprattutto di notte – ammette Cheick Diankha – ma abbiano trovato la soluzione. Un’associazione di Porto Torres, la “I Rifugiati Welcome Italia” , ci ha regalato uno stock di pettorine fosforescenti. I nostri ospiti d’ora in poi le indosseranno quando camminano sulla ex 131».

Il futuro. I richiedenti asilo possono cercare un’occupazione a due mesi dal loro arrivo in Italia. Qualcuno di loro sta già cercando un’occupazione, hanno trovato una città dove l’accoglienza non è una semplice enunciazione teorica. Anche per inserirsi più facilmente, frequentano assiduamente le lezioni di lingua italiana e partecipano a tutti i laboratori di artigianato. Per loro un futuro incerto (ma i giovani italiani non stanno meglio), ma non paragonabile alla realtà dei loro paesi di origine, dove guerre e violenza sono la colonna sonora che accompagna la quotidianità.

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