La Nuova Sardegna

Sassari

«Killer dal cuore sporco, imputridito dall’odio»

di Elena Corveddu
«Killer dal cuore sporco, imputridito dall’odio»

Benetutti, parole di fuoco del parroco ai funerali dell’allevatore assassinato Condanna senza appello per l’assassino «che ha fatto una scelta di morte»

23 ottobre 2015
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BENETUTTI. Una chiesa di Sant’Elena colma di persone quella di ieri sera che ha accolto, per l’ultimo saluto, il feretro di Giuseppe Mulas, l’allevatore di 51 anni ucciso con due colpi di fucile la sera di martedì 20 nella sua azienda, in località Pauleddu. Le indagini dei carabinieri di Bono, guidati dal maggiore Giampiero Lampis, scavano nel passato dell’allevatore. Al funerale ha partecipato l’intera comunità, presente anche il sindaco Gianni Murineddu. Tutti in paese si chiedono il perché di un simile gesto: «Aveva già pagato le sue colpe», lamentano i cittadini. Non c’è spazio per il perdono nel cuore dei benetuttesi. L’allevatore, per detenzione illegale di armi e refurtiva, aveva pagato i suoi errori col carcere e gli arresti domiciliari. Era scampato anche a un attentato dinamitardo nel 2012. L’attentato è tuttora rimasto senza responsabili. A luglio uscì dal carcere, sembrava avesse finito di scontare tutte le sue pene, invece il destino dell’allevatore era forse già segnato da chi covava la vendetta. Stretti attorno alla moglie Piera e ai figli Simone e Giampietro, che ha assistito alla tragica scena senza però riuscire a vedere l’assassino, i familiari e gli amici della vittima. Il parroco don Giammaria Canu, ha condannato a gran voce l’omicidio e la cattiveria degli uomini: «Quanto può essere cattivo il cuore dell’uomo? Togliere la vita a una persona è un atto che non si fa con le mani, ma prima di tutto si fa col proprio cuore. Commettere questi gesti significa avere un cuore sporco, imputridito. Il primo atteggiamento non può che essere quello della condanna». Assieme a don Giammaria presente anche il parroco don Mimmino Cossu, del vicino paese di Nule, e il parroco di Anela don Alessio. «Qualcuno ha fatto una scelta di morte, piuttosto che di vita, ma Dio vuole continuare a scommettere su di noi – ha proseguito il parroco in una chiesa piena di lacrime e di giovani –. Davanti a questi gesti non possiamo fare altro che allontanarci: escluderli dalla nostra esistenza con forza e soprattutto imparare e insegnare agli altri a condannare questo tipo di espressioni della nostra libertà. La nostra società ci insegna a coltivare la dignità umana, ma molto spesso invece la ammazza. Ciascuno di noi è immagine del Creatore, e ammazzare significa ammazzare questa immagine mettendosi al posto di Dio. Mettersi al posto di Dio e decidere, con presunzione e superbia, della vita di un’altra persona è la cosa più sbagliata che l’essere umano faccia». Conclude ricordando le parole di papa Wojtyla: «Giovanni Paolo II, durante la sua vita, ha visto tanti morti ammazzati. Voglio ricordare a tal proposito una sua frase: “Siamo tornati come al tempo delle lance e delle spade”. L’insegnamento più grande che ci ha lasciato papa Giovanni Paolo II è racchiuso nel suo pensiero più conosciuto e apprezzato da tutti: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”. Cercate quindi – ha concluso don Giammaria – di riflettere sulla cattiveria dell’uomo e sulla possibilità, invece, di poter amare l’uomo».

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