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Nicola Sanna: «Io non ho paura di cambiare le cose»

di Giovanni Bua
Il sindaco Nicola Sanna
Il sindaco Nicola Sanna

Intervista con il sindaco: sette mesi in trincea, parecchi nodi ancora da sciogliere, il Puc approvato, la zona Blu ripensata e tante partite aperte

24 dicembre 2014
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SASSARI. Sette mesi in trincea. Con nodi, soprattutto politici, ancora da sciogliere, altri tranciati a colpi di spada. Un Puc portato a casa dopo sette anni di traversie, la zona Blu ripensata tra numerose (quanto inaspettate) critiche, un centro intermodale da 31 milioni in rampa di lancio insieme a quattro o cinque partite di entità e provenienza varia che potrebbero valere tra i 180 e i 210 milioni in 5 anni. E soprattutto una tempra e una testardaggine che stanno iniziando a essere il marchio di fabbrica di Nicola Sanna, presente ovunque, informato nei dettagli su ogni cosa, risoluto al punto da essere accusato dai suoi detrattori alternativamente di ottusità, narcisismo o iperdecisionismo.

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Si sta divertendo?
«È faticoso, molto. E lo sapevo. Ma non nascondo che sia entusiasmante».

Nel Pd come va?
«Finalmente abbiamo un partito con i suoi organismi. Un posto dove parlare di certe cose. E dove risolverle».

In consiglio non si poteva?
«In consiglio ci sono molti ragazzi alla prima esperienza. E si stanno formando, entrando sempre di più dentro le questioni. Spero che a qualcuno sia venuta voglia di fare l’assessore».

I tre hanno sempre la valigia pronta?
«Tutti dobbiamo ringraziare Taras, Fantato e Polano per l’incredibile impegno ed energia che stanno mettendo nel loro lavoro».

Prima o poi arriverà questo rimpasto?
«Arriverà. Insieme all’accordo. Vorrei che si rispettassero le mie indicazioni nella composizione della giunta, ma non ne farò una questione capitale. Ci penserà il partito e la coalizione a trovare la quadra».

Che 2015 ci aspetta?
«Spero che ci sorprenda».

Buone sensazioni?
«La situazione è drammatica, è palese. Ma sono arrivati a compimento alcuni progetti davvero interessanti».

Dicono che a mancare è proprio la progettualità.

«A ma non sembra. Magari mancano i soldi. Ma anche per quelli le idee non mancano.

Dicono che i fondi in arrivo sono dell’università, o dell’Asl, o dell’Ersu o della Regione, ma non del Comune.

«Ma non scherziamo. I fondi sono pubblici, le opere sono pubbliche. Spendono 100 milioni per l’ospedale io non dovrei tenerne conto?».

Da dove partiamo?

«Provincia metropolitana».

Che sarebbe?
«Il nuovo ente intermedio che deve sorgere nel Nord Sardegna. Bene trasformarle le Province in enti di secondo livello, ma la Regione non pensi di cavarsela riconoscendo solo lo status di area metropolitana a Cagliari».

A cosa serve?
«Un luogo dove parlare e accordarsi su sanità, energia, rifiuti, acqua e trasporti».

Per questo vuol cambiare nome all’aeroporto?
«Sì, anche per questo. Non è uno scippo, è un ampliamento. Che dà atto della coesione di un territorio. Che merita davvero maggior attenzione».

Ce l’ha con la Regione?
«Cappellacci ha dimostrato quanto danno può fare una amministrazione nemica con questo schema».

Da dove si inizia?
«Centro intermodale. Una porta per il territorio. E sul tema avrei un’idea».

Dica pure.
«In origine nel progetto era previsto un centro commerciale all’inizio di Corso Vico, l’ennesimo, per il quale oltrettutto non ci sono più i soldi».

Non si fa più?
«Io direi di sostituirlo con un centro direzionale con dentro tutti gli uffici comunali sparsi per la città».

E chi paga?
«Permuto le aree. Tu privato mi costruisci il centro? Io ti cedo l’area che libero ai vigili urbani, o in viale Mameli».

Non teme i privati?
«Ma scherziamo? Io li vorrei coinvolgere anche nel nuovo mercato ad esempio».

Come?
«Perché non dare tutta la nuova struttura, dal mercato alla piazza, in gestione. Magari a un grosso privato. Ora come ora per il Comune è un costo. Prese le dovute precauzioni potrebbe diventare una enorme risorsa».

Il pubblico non ce la fa più?
«Il pubblico ha grandi frecce nel suo arco».

Me ne dica una.
«Interventi territoriali integrati. Per ridare al centro storico una nuova veste. Azioni da realizzare attraverso la cooperazione tra il pubblico e il privato o attraverso programmi di cooperazione internazionale. Si parla di 20 milioni».

Altre idee per il centro?
Il grande progetto di housing sociale che stiamo per bandire. Chiediamo a chi ha una casa al centro storico di cederla a una sorta di fondo investimenti pubblico in cambio di una cedola annuale e del valore dell’immobile dopo 25 anni. Noi nel mentre la acquisiamo e la ristrutturiamo».

E i ruderi comunali?
«Non abbiamo ruderi, e anche pochissime palazzine intere. Comunque useremo tutto, per prima cosa dando una casa ai gremi. E alle associazioni».

Come mai ha riaperto l’Area Blu alle auto?
«Fino al 21 marzo sperimentiamo l’avvicinamento al centro. È un primo passo. E la fine del percorso sarà isole pedonali, anche molto grandi, lambite dalle auto. Il tutto in un organico ridisegno dei sensi di marcia e delle linee Atp. Una vera rivoluzione altro che scelta a metà».

Contento del Puc?
«E’ il compimento di un lungo percorso. E anche il primo passo di uno altrettanto importante: piani particolareggiati, di utilizzo dei litorali, modifica del regolamento edilizio. Chi si lamentava che in consiglio abbiamo parlato poco di urbanistica si dovrà ricredere».

Capodanno in piazza Tola?

«Era l’offerta migliore, artisti sardi, costi in linea con quello che volevamo, un luogo che sta diventando simbolo del rilancio. Abbiamo preferito spendere 30mila euro per il capodanno e 120mila per un altro centinaio di eventi natalizi che puntare tutto su un’unica serata».

Industria?
«Bonifiche, chimica verde. Sono dossier sempre in cima ai miei pensieri. Sbatteremo i pugni sul tavolo. Abbiamo diritto che quegli impegni vengano rispettati. E abbiamo bisogno anche di quel migliaio di buste paga».

Dicono che a Sassari decidono sempre gli stessi, sempre voi a esser precisi. Che ne pensa?
«Sicuramente la politica deve riguadagnare credibilità a tutti i livelli. Non nascondo di aver trovato grandi resistenze, ma sono sicuro che l’aria stia cambiando. Sia per una questione generazionale, sia perché non c’è più trippa per nessuno. Ogni euro va speso al meglio e nella maniera più trasparente possibile. Io la faccia ce l’ho messa. E magari sarò testardo o iperdecisionista. Ma di sicuro non ho paura di cambiare le cose».

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