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Fiume Santo, blitz all’alba della Finanza

Gianni Bazzoni
Fiume Santo, blitz all’alba della Finanza

Perquisiti uffici e abitazioni di alcuni dirigenti di E.On, anche fuori dalla Sardegna. La verifica riguarderebbe i gruppi 1 e 2

08 novembre 2014
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SASSARI. Blitz all’alba nella centrale E.On di Fiume Santo, negli uffici e nelle abitazioni di alcuni dirigenti alle dipendenze della multinazionale tedesca, anche fuori dalla Sardegna.

L’operazione è stata eseguita in larga parte da agenti della guardia di finanza su disposizione della procura della Repubblica di Sassari e sarebbe finalizzata all’acquisizione di elementi relativi all’inquinamento ambientale nell’area dei gruppi 1 e 2, fermi da tempo e destinati alla demolizione (un appalto che sarebbe già stato affidato e i lavori dovrebbero scattare nella prima metà di gennaio). L’ipotesi di reato sarebbe quella di disastro doloso (articolo 434 del codice penale). Almeno tre le persone iscritte nel registro degli indagati e alle quali ieri è stata notificata l’informazione di garanzia: ci sarebbero Salvatore Signoriello, direttore di E.On Italia; Marco Bertolino, direttore della centrale di Fiume Santo e Livio Russo (arrivato di recente) che ha assunto l’incarico di vice capo centrale.

A Fiume Santo gli agenti sono rimasti per quasi tutta la giornata: si sono spostati dalla direzione ad altri uffici, hanno sentito persone, visionato carte e portato via computer. Perquisizioni meticolose, estese anche alle abitazioni personali degli indagati (che a questo punto potrebbero anche essere di più). Alcuni sono stati svegliati dall’arrivo degli investigatori e hanno assistito increduli alle operazioni di “ricerca” che non hanno risparmiato niente, neppure le cartelle scolastiche dei figli.

Quella di ieri è stata una giornata pesante. A Fiume Santo i lavoratori si sono resi conto che stava accadendo qualcosa di importante quando hanno notato lo spiegamento di forze, l’azione simultanea in più uffici, la ricerca continua di qualcosa che - a questo punto - non si sa neppure se sia stata trovata.

Poche le indiscrezioni trapelate sull’inchiesta che è coordinata dal sostituto procuratore Paolo Piras. Pare che l’indagine riguardi un fatto recente, e cioè l’inquinamento nell’area dei gruppi 1 e 2, la vecchia struttura di produzione da tempo fuori norma e destinata, per questo, alla demolizione. Un progetto che rientra in un piano più complessivo della riorganizzazione del polo energetico del nord Sardegna.

A metà ottobre, nel corso di un incontro tenuto in Provincia, e al quale era presente anche l’assessore regionale all’Industria Maria Grazia Piras, i rappresentanti di E.On avevano segnalato che il terreno attorno ai gruppi 1 e 2 sarebbe contaminato da idrocarburi. Una sorta di autodenuncia, quindi, seppure tardiva, rispetto a una situazione che da tempo richiama sospetti. A seguito di quell’incontro, c’erano stati sopralluoghi dei tecnici della Provincia, anche l’Arpas si era interessata alla vicenda.

Non ci sarebbero stati però, al momento, indagini specifiche. Anche perché - a quanto pare - il problema più grave sarebbe sotto i due grossi serbatoi che dovrebbero essere rimossi per avere un quadro reale della situazione.

La multinazionale tedesca, però, avrebbe fornito i risultati dei test effettuati (una serie di carotaggi a campione), dai quali sarebbe risultata una condizione di criticità non particolarmente grave. Ora, la convenzione stipulata con gli Enti locali prevede che sia la stessa E.On ad eseguire i controlli e a fornire i risultati che, eventualmente, devono essere poi confrontati e verificati.

Non ci sono conferme - anche perché l’inchiesta sembra essere nelle fasi iniziali - ma il blitz di ieri mattina, in centrale e nelle abitazioni private dei dirigenti di E.On, avrebbe avuto come obiettivo proprio la ricerca di documentazione relativa a questa fase di verifiche.

Cioè, l’ipotesi è che i test messi a disposizione da parte della multinazionale possano non essere quelli che danno la dimensione reale dell’inquinamento.

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