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Riscoperta la rete delle strade rurali

di Antonio Meloni
Riscoperta la rete delle strade rurali

Un percorso naturalistico lungo trenta chilometri che, da Logulentu a Monte Bianchinu, veniva percorsa dai carri agricoli

01 novembre 2014
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SASSARI. Fino a primi decenni del Novecento collegavano la vallata di Logulentu con l’area di Monte Bianchinu. Carri carichi di grano, diretti ai mulini, transitavano lungo un fitto reticolo di sentieri immersi nella macchia mediterranea, poi gli anni e l’incuria hanno lasciato spazio alla vegetazione che in breve tempo ha ricoperto tutto. Ora quelle antiche vie di comunicazione sono state recuperate e riscoperte con l’intento di creare un itinerario naturalistico percorribile a piedi, a cavallo e in bicicletta. Ieri, il sindaco Nicola Sanna, affiancato dall’assessore alle Manutenzioni Ottavio Sanna e da una nutrita rappresentanza dell’amministrazione di Palazzo ducale, ha presentato alla stampa il progetto durante un sopralluogo nel sentiero Barca-Sos Lacheddos. Oggi il nastro d’asfalto della Sassari-Osilo corre a poche decine di metri, ma allora era aperta campagna solcata da strette e tortuose vie di penetrazione agraria dove a malapena passavano i carri trainati da cavalli o buoi. Da luglio scorso, impiegando fondi regionali del programma “Una Tantum”, il Comune ha incaricato cinque squadre di operai, una ventina di persone, che per quattro mesi hanno liberato i sentieri dalla fitta vegetazione infestante per recuperare la rete viaria con l’intento di creare percorsi destinati al turismo.

A dicembre sarà conclusa la prima fase che permetterà di percorrere un itinerario di circa trenta chilometri per una ventina di sentieri che oltre all’interesse naturalistico svelano al visitatore testimonianze storiche di un certo valore. Nella sorgente Barca, scavata nel calcare del promontorio di Monte Bianchinu, è stato riportato alla luce un antico sistema di convogliamento delle acque attraverso solcature incise nella roccia che consentono di riempire un vascone usato anticamente come abbeveratoio.

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Durante i lavori, inoltre, sono stati riscoperti alcuni siti di interesse archeologico specialmente nell’antica valle dell’Eba Giara, a San Francesco e Monte Furru dove è stata individuata perfino una domus de janas usata in antico per lavorare e produrre vino e olio. Strutture al vaglio degli specialisti della Soprintendenza che le stanno studiando per dare una datazione attendibile. Non meno importanti le “sorprese” sul piano naturalistico: l’area, infatti, è caratterizzata dalla presenza di varietà endemiche come lecci, querce e roverelle nonché dalla tipica vegetazione della macchia mediterranea, lentischio, cisto e fillirea. Ultimo, non per importanza, il fatto che l’area ha anche una riserva idrica importante, basti pensare che l’antica sorgente Barca garantisce, a tutt’oggi, una portata di un litro e mezzo al secondo di acqua potabile. Insomma, si tratta certamente di un patrimonio storico e naturalistico di grande valore che ora, finalmente, è reso fruibile ai cittadini.

«L’idea _ ha spiegato ieri l’assessore Ottavio Sanna _ è quella di proseguire l’opera, a gennaio affideremo un altro incarico per portare a compimento il progetto». I percorsi saranno presto dotati di tutti gli accessori richiesti dalla moderna sentieristica, come la segnaletica in legno per evitare di perdersi anche perché nella zona non arriva il segnale del cellulare, ma questo, paradossalmente, potrebbe anche essere un vantaggio. Cosa tutto si potrebbe fare in posto simile è facile immaginarlo, dal trekking all’equitazione, dalla mountain bike alle escursioni con finalità culturali. Non c’è che l’imbarazzo della scelta, a patto che i frequentatori sappiano rispettarlo e tenerlo pulito.

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