La Nuova Sardegna

Sassari

Porto Torres

Il Ministero si costituisce parte civile contro Eni

Nadia Cossu
L'ordinanza della Capitaneria di Porto che vieta l'ingresso nell'area della Darsena
L'ordinanza della Capitaneria di Porto che vieta l'ingresso nell'area della Darsena

Inquinamento , il pubblico ministero chiede il processo per i dirigenti Syndial ed ex Polimeri

29 ottobre 2014
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SASSARI. C’è anche il ministero dell’Ambiente tra le parti civili che ieri mattina si sono costituite nell’aula del giudice dell’udienza preliminare Antonello Spanu. L’inchiesta è quella sulla ribattezzata “darsena dei veleni” di Porto Torres che vede imputati otto dirigenti di Syndial ed ex Polimeri per disastro ambientale colposo e deturpamento delle bellezze naturali: per tutti il pubblico ministero Paolo Piras ha chiesto il rinvio a giudizio. Ieri, oltre al Ministero, si sono costituiti la Regione (assessorato all’Ambiente), il Comune di Porto Torres, l’Anpana (associazione protezione animali, natura, ambiente), la Lega anticaccia e l’armatore di Alghero Cesare Goffi.

L’udienza è stata aggiornata al 20 gennaio quando il pool difensivo di Eni – composto dai legali Carlo Federico Grosso, Mario Maspero, Fulvio Simoni, Grazia Volo, Luigi Stella, ieri sostituiti tutti dal collega Piero Arru – presenterà le controdeduzioni proprio relativamente alla costituzione delle parti civili. L’avvio dell’inchiesta.

Dopo mesi di accertamenti e audizioni di testimoni erano stati iscritti nel registro degli indagati il rappresentante legale di Syndial Spa Alberto Chiarini, il responsabile gestione siti da bonificare Francesco Papate, il responsabile Taf Management (Taf è l’impianto per il trattamento delle acque di falda) Oscar Cappellazzo, i responsabili dell’area operativa Taf Gian Antonio Saggese e di salute, ambiente, sicurezza del Taf Francesco Leone, il rappresentante legale di Polimeri Europa Daniele Ferrari, il direttore di stabilimento Paolo Zuccarini e il responsabile della sezione salute, sicurezza, ambiente, Daniele Rancati.

A tutti veniva contestato di «non aver adottato le opportune cautele» e di aver quindi «cagionato un disastro ambientale per lo sversamento in mare di sostanze inquinanti». I periti del gip. Su richiesta del pm, il gip a maggio del 2012 aveva affidato a cinque periti l’incarico di accertare la presenza di sostanze chimiche inquinanti e di stabilirne natura e origine.

L’esito: la barriera idraulica collocata da Eni era uno strumento inefficace a bloccare gli agenti chimici. I consulenti della difesa. In sede di incidente probatorio i difensori dei due colossi di Eni avevano opposto uno studio corale realizzato da quattro esperti americani che avevano assicurato: la barriera idraulica realizzata per bloccare l’inquinamento verso il mare assolve alla sua funzione, perfettamente. E, soprattutto, se nello specchio della darsena arriva acqua dolce (secondo i consulenti del gip era acqua di falda inquinata che superava una «inefficace barriera idraulica») è perché proprio lì «c’è una condotta fognaria della rete comunale, non di Eni, che perde». La parola il 20 gennaio al gup.

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