La Nuova Sardegna

Sassari

Il pg: «Marciano Alba merita l’ergastolo»

di Daniela Scano
Il pg: «Marciano Alba merita l’ergastolo»

Requisitoria e colpo di scena davanti alla corte d’assise d’appello: in una bugia dell’imputato la prova della premeditazione

07 ottobre 2014
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SASSARI. Quello di Giovanni Battista Porcheddu, allevatore di Banari assassinato il 17 gennaio del 2007 nelle campagne del paese, fu un omicidio premeditato. Marciano Alba, 74 anni, l’ex minatore di Siliqua accusato del delitto, quel pomeriggio uscì di casa animato dal freddo proposito di lavare nel sangue dell’ex amico il rancore incrostato in anni di litigi. E per compiere la sua vendetta si armò di fucile e lo caricò con le munizioni adatte: due marca Winchester e una marca Remington caricate a pallettoni. Uno come lui, tenente dei barracelli e cacciatore esperto, non poteva sbagliare e non sbagliò. Ne è convinto il pg Claudio Lo Curto che ieri ha chiesto alla corte presieduta da Francesco Mazzaroppi (a latere Massimo Zaniboni) di condannare l’ex minatore all’ergastolo. Marciano Alba sta affrontando il giudizio d’appello dopo due processi di primo grado (la sentenza del primo processo era stata annullata per un vizio di forma) conclusisi con altrettante condanne, la seconda a 18 anni. È contro questo verdetto che Alba, assistito dall’avvocato Franco Luigi Satta, ha presentato appello.

L’ex minatore si proclama innocente. Pur senza minimizzare i pessimi rapporti intrattenuti negli ultimi anni con la vittima, ex compagno di caccia, Marciano Alba nega di avere ucciso Giovanni Porcheddu perché si ostinava ad attraversare il suo terreno per mettere a rinfrescare nell’acqua di un rigagnolo i bidoni del latte. Il corpo di Porcheddu straziato dai pallettoni venne trovato a pochi passi dal terreno. A pochi metri dal cadavere c’erano due bossoli marca Winchester, certamente esplosi dal fucile di Alba, ma nel corpo della vittima c’era anche il dischetto separatore di un proiettile Remington. Intorno a questa circostanza è ruotato il dibattimento di primo grado. L’imputato ha ammesso di avere esploso i due bossoli trovati per terra, ma ha detto di averli sparati in un altro momento della giornata. «Con il delitto non c’entro – sostiene –, quel giorno sparai ai colombacci. E non ho mai posseduto proiettili Remington». Alba attribuì a una distrazione una evidente incongruenza: i bossoli sparati dal suo fucile erano caricati a pallettoni, del tutto inadatti per la caccia minuta. «Avevo da fare in campagna e pensai di approfittarne per tirare ai colombacci – fu la sua spiegazione –. Possedevo tre cartucciere: una per la caccia minuta con cartucce a pallini, una per la caccia grossa con cartucce caricate a palla, una con i pallettoni per la mia attività di barracello. Uscendo di casa sbagliai e presi la terza». I giudici di primo grado non credettero all’errore e tuttavia concessero all’imputato il beneficio del dubbio per quanto riguarda la sua intenzione di andare a caccia. A parere della corte d’assise, insomma, l’omicidio Porcheddu venne compiuto d’impulso. I giudici esclusero le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, e concessero all’imputato le attenuanti generiche.

Ma questa benevolenza processuale non ha convinto il pg. Esaminando le carte, infatti Claudio Lo Curto è certo di avere scoperto la prova inconfutabile della premeditazione.

«Ho riletto il verbale di perquisizione dell’abitazione dell’imputato, eseguita dai carabinieri poche ore dopo il delitto – ha detto ieri il pg –. Ebbene, a casa di Alba non c’erano cartucciere». Bastava fare questa verifica, ha aggiunto il pg, per sgombrare il campo processuale «dalla sabbia finissima gettata negli occhi dei giudici». Marciano Alba non aveva cartucciere da prendere per errore e non sbagliò nell’armare il fucile con due proiettili Winchester e uno Remington «che certamente aveva» ha tagliato corto il pg. Secondo Lo Curto i colpi esplosi furono tre: due a otto metri di distanza e uno a un metro. Questa ricostruzione del delitto di Banari è stata condivisa dall’avvocato di parte civile Pasqualino Federici.

«Non c’è niente nel processo che dimostri che Marciano Alba abbia posseduto cartucce Remington» ha ribattuto nella sua lunga e appassionata arringa l’avvocato Franco Luigi Satta. «Questo è sempre stato un processo indiziario, ma gli indizi devono essere confermati da fatti certi, granitici, univoci» ha aggiunto il difensore. Satta ha ricordato ai giudici che i testimoni quella sera sentirono due colpi di fucile e non tre. La circostanza del numero delle fucilate sentite dai testimoni è spiegabile, secondo il pg e la parte civile, con il fatto che i primi due vennero esplosi in rapida successione. Il processo è stato rinviato al 24 novembre per la sentenza.

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