La Nuova Sardegna

Sassari

I clown della Caritas in missione in Romania

di Giovanni Bua
I clown della Caritas in missione in Romania

Sei ragazzi e tre accompagnatori raccontano la loro esperienza a Braila «Con le arti circensi aiutiamo i bambini, ma soprattutto noi stessi»

30 settembre 2014
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SASSARI. Giocoleria, acrobatica e arti circensi. Divertimento, ma soprattutto animazione, al senso della carità, alla cittadinanza attiva, alla fratellanza e alla mondialità. C’è questo e tanto altro dentro le teste e i cuori dei sei giovani under trenta che, insieme a tre accompagnatori, sono tornati (alcuni per la seconda o la terza volta) da Braila, città da 250mila abitanti sulle rive del Danubio, nel sud-est della Romania. Città che ospita la casa di accoglienza “Il Sorriso di Mariele”, il centro gestito dalle clarisse francescane missionarie del santissimo sacramento, che aiuta minori abbandonati e in grave difficoltà. E che ormai da 5 anni accoglie ogni estate (quest’anno l’esperienza è durata dal 14 al 24 agosto) i giovani missionari della Caritas diocesana turritana.

E in questo non facile contesto Lidia Lai (Lupacchiotta il suo nome da clown), Jessica Ruggiu (Susina), Luigi Paulesu (Strabik), Mario Sanna (Carotino), Chiara Sanna (Serienella), Francesca Cossu (Frina), Anita Bozzo (Crozzyta), Fatima Zahra El Qobbi (Farasha), don Salvatore Fois (Pasqualino)hanno anche quest’anno ricreato il magico mondo del circo e dei clown, seguendo il filo di un progetto (“Circo in parrocchia”) che l’attivissimo ufficio animazione della Caritas diocesana (info www.caritasturritana.it o animazione.caritasturritana@live.it) porta avanti tutto l’anno in città.

Attività educative e ricreative con bambini e adolescenti, momenti di formazione insieme alle suore missionarie, attività di animazione in altre strutture della città caratterizzate da situazione di solitudine, disagio, malattia. «Un carcere minorile – raccontano i ragazzi – un ospizio semi abbandonato». E la casa, un luogo che «accoglie bambine abbandonate che, a causa dell’estrema povertà in cui versa questa nazione, erano costrette a vivere per le strade o negli ex-orfanotrofi di stato – spiegano i volontari –. Le suore amorevolmente aiutano le bambine a condurre una vita normale. Noi partecipiamo a questo facendo il nostro lavoro di animazione secondo la specifica modalità Caritas: ascoltare, osservare, discernere». E portare avanti uno schema in cui a crescere sono più i missionari di chi la missione riceve.

«Ognuno di noi porta avanti un suo percorso – raccontano i ragazzi – molti di fede, altri di partecipazione. Le porte sono aperte per tutti. Anzi, le domande per partecipare a programmi come questo sono sempre molte di più delle effettive disponibilità. E a volte alcuni di noi hanno dovuto aspettare uno o due anni per riuscire nel loro intento di andare in Romania». «Quello che vediamo e impariamo – raccontano i sei – proviamo poi a raccontarlo. Per spiegare ai nostri coetanei, che magari ci guardano come alieni perché in prino agosto invece che al mare siamo in un carcere minorile in Romania, che il mondo è complicato, ma che non bisogna averne paura». E, per chi pensa che questi ragazzi siano balzani, la risposta è semplice: «Queste esperienza sono crecita allo stato puro. Certo il mare magari ti manca. Ma quando entri in un carcere minorile dove nessuno ti parla e dopo qualche giorno riesci a coinvolgere i ragazzi in uno spettacolo di circo da fare insieme nella struttura che accoglie le bambine abbandonate, ecco, queste sono cose che non si possono raccontare. E che ti danno davvero molto di più di una spiaggia o un bagno in mare».

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