La Nuova Sardegna

Sassari

La sofferenza raccontata in 11 sculture

di Gabriella Grimaldi
La sofferenza raccontata in 11 sculture

Presentato il progetto MaterialMente, mostra di opere realizzate dagli ospiti dell’ex ospedale psichiatrico di Rizzeddu

20 settembre 2014
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SASSARI. Tra gli ulivi antichi e le palazzine liberty dell’ex manicomio di Rizzeddu spunta un toro a grandezza naturale, enorme, con un manto di ecopelliccia che a tratti rivela il suo scheletro di ferro poggiato su quattro possenti zoccoli in vetroresina. Lo sguardo fiero, la potenza pura. È una delle undici opere realizzate dagli utenti, disabili mentali, delle comunità protette all’interno del complesso di Rizzeddu e di quella di Bonorva. Il progetto, inaugurato ieri pomeriggio nei giardini dell’ex ospedale psichiatrico, oggi sede di vari servizi della Asl, è stato realizzato grazie all’attività degli operatori della cooperativa Elleuno, diretti da Ilaria Schiffini, che dal 2009 gestisce le comunità presenti nel territorio.

Nato nel luglio 2013 il laboratorio “MaterialMente”, funzionale alla riabilitazione psichiatrica, ha portato all’ideazione e alla costruzione di 11 grandi opere di scultura «nate - spiegano gli operatori - dopo un intenso lavoro di ricerca e selezione di ciò che gli ospiti-artisti desideravano intimamente rappresentare secondo le rispettive storie personali». E ieri sono stati proprio loro, gli artisti, a presentare le opere e a fare da guida ai visitatori impressionati dall’impatto emotivo che le sculture offrono. All’angolo di una delle strutture che in passato ha ospitato l’immane sofferenza degli ammalati psichiatrici prima della legge Basaglia c’è la statua di un uomo, attaccato al muro, anche in questo caso a grandezza naturale, trafitto da decine e decine di frecce. Si tratta dell’opera di Roberto che per rappresentare la sua ossessione si è sottoposto a fare il calco di se stesso. La sua figura è tutta bluette e dalle cento ferite esce sangue color oro. Un’immagine fortissima che racconta tanto dell’intima lacerazione di una persona sofferente mentale.

Così come il Carnaio realizzato da Giulio: l’ispirazione è arrivata dopo un periodo trascorso a lavorare a Bonassai tra gli animali. Giulio ha realizzato una serie di giganteschi avvoltoi che sbranano carcasse di buoi o agnelli. «I teschi ce li hanno regalati al mattatoio - racconta con un bel sorriso -, questa mia opera l’ho dedicata ai veterinari dell’azienda di Bonassai». Tutto il materiale è strattamete di riciclo, così come ha voluto l’arteterapeutaRuben Mureddu, il quale si è occupato di far esprimere ai partecipanti le loro sensazioni più intime, di fargliele disegnare e di procurare il materiale, in parte in discarica, in parte nelle aziende che non lo utilizzavano: «Più che altro gli artisti hanno espresso le loro paure profonde, o in qualche caso hanno raccontato un sogno». Sotto un albero, sedute su una gigantesca panchina rosa caramella, ci sono due enormi bambole con le braccia fatte di canne, i vestiti d’epoca resi immobili dal flatting, le espressioni grottesche. È una scena vissuta nell’infanzia da una ex paziente che adesso è stata dimessa, quando al luna park la mamma si tagliò la sua lunga treccia per barattarla con una bambola da regalarle. E poi c’è un’idra a tre teste con le bocche insanguinate e un aereo che si è appena schiantato («ma non è morto nessuno», dice l’autrice Monica).

Insomma, ciò che passa in rassegna è l’immaginario conflittuale di persone che soffrono di gravi patologie e alcune delle quali si trovano ristrette sotto il profilo giudiziario. Un universo dolente ma non privo di poesia dentro il quale si può fare un affascinante viaggio tutti i giorni visitando la mostra all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Rizzeddu.

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