La Nuova Sardegna

Sassari

Tutti i beni confiscati tra corleonesi, camorra e banda Mesina

Tutti i beni confiscati tra corleonesi, camorra e banda Mesina

Boom di immobili tra Quartu Sant'Elena e Villasimius, i luoghi di villeggiatura dei clan: mappa interattiva.
La situazione in tutta Italia

05 settembre 2014
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C’è un pezzo di storia della criminalità organizzata italiana sulle coste della Sardegna, con mafia e camorra tra gli altri che fin dagli anni ‘70 hanno deciso di venire qui per alcuni dei loro investimenti immobiliari. Già all’epoca sono stati tirati in ballo in quest’ambito nomi come quelli di Luciano Liggio e Pippo Calò, come anche la Banda della Magliana o Raffaele Cutolo, che trascorse parte della sua detenzione nel carcere dell’Asinara. Una storia che però ha anche lati positivi dal momento che alcuni di quei beni sono stati anche recuperati.

Oggi sono 60 i beni confiscati sul territorio della Sardegna stando ai dati dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati. La gran parte si trova in provincia di Cagliari (49), mentre al secondo posto c’è la provincia di Sassari (8). Dai dati emerge che circa la metà di questi beni è localizzata nei due comuni di Villasimius (19) e Quartu Sant’Elena (13). Sei nuove confische sempre in provincia di Cagliari nel corso del 2013, stando ai dati della Relazione del Ministero della Giustizia, presentata in Senato nel dicembre 2013 sono destinate a diventare definitive.

Di questi beni, 47 sono stati destinati ai Comuni (l’85%, a fronte di una media nazionale dell’80%). Seguono ministeri vari (4) e la Polizia di Stato (4). Dei 60 beni, 46 risultano consegnati agli enti destinatari, 5 in gestione diretta dell’agenzia e ben 9 che hanno trovato una destinazione ma non sono stati ancora consegnati (tutti in provincia di Cagliari, sono il 20% dei beni destinati di questa provincia). Una situazione buona (il 77%), considerando che a livello nazionale solo il 54% dei beni in gestione risulta consegnato. Nel confronto nazionale la Sardegna è nona. C’è invece una sola azienda elencata dall’Agenzia, un parrucchiere con sede a Cagliari, e risulta ormai venduta. A Budoni, nella provincia di Olbia-Tempio risultano anche due aziende nel ramo della ristorazione: una chiusa, l’altra ancora in gestione diretta.

I beni dei criminali

Non era difficile immaginarlo, ma le prove documentali hanno permesso di accertare anche l’attività di grosse organizzazioni criminali in termini di investimenti immobiliari: recentissimo per esempio il caso delle confische avvenute a Porto Rotondo, con quattro appartamenti nel condominio “Il Nuraghe” acquisiti dall’Agenzia. Per gli investigatori sono riconducibili a Raffaele Sarnataro, imprenditore indicato come il re dell’immondizia del Sud: sarebbe legato al clan “La Torre” e avrebbe gestito una mega discarica della camorra nella Terra dei Fuochi. Si tratterebbe per di più degli stessi immobili appartenuti fino alla fine degli anni Settanta al cassiere della mafia Pippo Calò. A finire sotto confisca sono stati anche i beni dei membri della “Banda Mesina”, come nel caso dei patrimoni posti sotto osservazione della Dda di Cagliari e riconducibili a Gigino Milia, componente di spicco dell’organizzazione capitanata dall’ex re del Supramonte Graziano Mesina. Mancano invece all’appello i beni di Attilio Cubeddu, ex componente dell’Anonima Sarda Sequestri e tra i latitanti più pericolosi d’Italia. Nel 2012 la Dda di Cagliari chiese la confisca degli immobili (una palazzina ad Arzana) del pregiudicato condannato all’ergastolo per il sequestro Soffiantini e per la morte dell’agente dei Nocs Donatoni. Il Tribunale di Nuoro respinse l’istanza in quanto la pericolosità di Cabeddu “non si è manifestata in luoghi di competenza di tribunali sardi, ma solo in Toscana, Lazio ed Emilia Romagna”, zone in cui avvenivano i sequestri che finanziavano la banda. Ci sono anche beni appartenuti a trafficanti di droga tra quelli confiscati, come nel caso dell’inchiesta della Guardia di Finanza che nel 2010 ha sgominato una banda che operava tra la Spagna e la Sardegna. C’è anche chi con la criminalità non c’entra e nel 2012 ha visto il suo patrimonio a rischio confisca, come Ugo Multineddu, il re dei supermercati di Sassari, accusato di aver commesso reati fiscali per oltre 4 milioni di euro.

Gli abusi edilizi e le inchieste in corso

Altro frangente delle confische è quello degli abusi edilizi, nel caso degli appartamenti e dei terreni confiscati sulla collina di Sualeddu, nell’isola della Maddalena, nell’ambito di un’indagine della procura di Tempio. Una vicenda analoga alle costruzioni di Testimonzos (Nuoro), dichiarate abusive in base a una sentenza del 2003 e oggetto di una lunga traversia giudiziaria per valutare con esattezza quali fossero i confini delle aree da confiscare. Dello stesso filone anche la maxi confisca di “Terrata Due”, il villaggio del Golfo Aranci dov’erano finiti sotto la lente degli inquirenti ben 88 appartamenti realizzati in violazione delle norme urbanistiche, anche se la vicenda non si è ancora chiusa ed è atteso un pronunciamento nel merito da parte della Cassazione.

La distribuzione e il riuso dei beni

La Gallura sia una delle aree della regione più interessate da confische. Poco più di un anno fa a Sassari (aprile 2013) don Luigi Ciotti dichiarò che questi beni potrebbero diventare opportunità per l’avvio di iniziative imprenditoriali da parte dei più giovani. Nella stessa direzione andava anche il bando della Fondazione per il Sud, pubblicato nel 2013 proprio per favorire azioni di recupero dei beni confiscati. Una ulteriore possibilità di recupero e di riutilizzo viene offerta dalla proposta di attribuire parte di questi beni al Parco nazionale dell’Asinara, che da luogo simbolo di detenzione per i boss diventerebbe l’isola dove i loro beni ritrovano una nuova vita.

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