La Nuova Sardegna

Sassari

MEMENTO La storia dimenticata del sacrificio di Minnìa

Alessandro Ponzeletti
MEMENTO La storia dimenticata del sacrificio di Minnìa

Fu ferita a morte dall’uomo che le faceva la corte

02 settembre 2014
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La città di Sassari ha intitolato alla dottoressa Monica Moretti la bella piazza giardino realizzata in cima a viale Dante. Monica fu vittima, il 22 giugno del 2002, di uno stalker divenuto assassino e ciò purtroppo nella società contemporanea italiana è ormai argomento, da troppi anni a questa parte, se non quotidiano almeno settimanale delle cronache.

Con queste righe voglio ricordare un’altra giovanissima concittadina vissuta nella Sassari di metà Ottocento. La mattina del 30 agosto del 1854, ricorda Enrico Costa, il giovane ufficiale don Michele Delitala si presentò alla casa Quesada. Delitala aspirava alla mano di Giovanna Maria (Minnìa, abbreviato in sardo) Quesada, nobile e assai bella ragazza, di 19 anni. Lui ne aveva 29.

L’aspirazione del giovane militare fu però fermata dalla famiglia Quesada: la madre rifiutò per due volte la richiesta di matrimonio. Furioso, Delitala quella mattina d'agosto, armato di spada, di due pistole e di un pugnale, bussò e dietro la porta si trovò davanti la madre di Maria Anna, Donna Giuseppina: le chiese per la terza volta la mano della figlia e al terzo rifiuto fece fuoco contro la donna ma Minnìa, arrivata subito all’ingresso e compresa l’intenzione, fece scudo alla mamma prendendosi la pallottola in corpo. Malgrado ciò, Delitala con la spada ferì la madre e una domestica accorsa e subito dopo con l’altra pistola sparò contro il padre di Minnìa, Don Antonio, e uno zio accorsi, senza per fortuna ferire nessuno gravemente, infine provò senza riuscirvi a pugnalarsi. Minnìa, ferita mortalmente, morì il 5 settembre dopo sei giorni d’agonia, perdonando Michele.

L’assassino fu processato e condannato a morte malgrado la famiglia ingaggiò l’abilissimo Stanislao Mancini come difensore: scampato all’epidemia di colera del 1855, nel maggio 1857 dal carcere del Castello (riservato ai nobili) fu condotto alla forca di San Paolo (a Calamasciu) a “dar calci al vento”.

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