La Nuova Sardegna

Sassari

Rapina a Sant’Orsola, la polizia cerca il quarto uomo

di Daniela Scano
Rapina a Sant’Orsola, la polizia cerca il quarto uomo

Dall’ordinanza di custodia cautelare tutti i retroscena delle indagini sulla brutale aggressione a Giuseppe Mura

17 luglio 2014
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SASSARI. Cinque ore prima della rapina, parlando al telefono, si consolavano di non avere un soldo per pagare la luce riflettendo sul fatto «che oggi è sabato, e il sabato fanno tutti la spesa». In questa conversazione, intercettata dalla polizia alle 17,27 del 22 febbraio nell’ambito di un’altra indagine, secondo gli investigatori della squadra mobile sassarese è lampante il riferimento al colpo messo a segno alle 22,30 dello stesso giorno a Sant’Orsola ai danni di Giuseppe Mura, titolare con il padre di una catena di supermercati Eurospin e Crai. Anche se si dovette accontentare di tremila euro, per la buona abitudine del commerciante di versare i soldi in banca prima di rincasare, la banda che lo aspettò nel giardino della sua villetta mirava agli incassi del giorno più ricco della settimana. La conversazione è trascritta nella ordinanza di custodia cautelare eseguita martedì – ma emessa il 3 luglio dal gip Antonello Spanu – nei confronti degli allevatori Giovanni Sanna, 49 anni, di Macomer; di suo nipote Costantino Loi, 26, residente a Padria; e del loro amico Domenico Soro, 33, di Ardara. Ieri i tre, assistiti dagli avvocati Antonello Spada (Sanna e Loi) e Pasqualino Federici (Soro) sono stati sottoposti in carcere all’interrogatorio di garanzia, ma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice.

All’appello manca un quarto indagato che la squadra mobile, diretta dalla vice questore Bibiana Pala, sta ricercando. Erano infatti quattro gli uomini che, pochi minuti dopo la brutale aggressione di Giuseppe Mura, attraversarono velocemente via Ortobene transitando davanti alla telecamere della videosorveglianza esterna di un supermercato. A quella via si accede dall’abitazione di Mura attraverso un breve sterrato. Da quelle immagini, nitide quanto basta, gli investigatori della quarta sezione Antirapine coordinata dal sostituto commissario Roberto Piliu sono partiti per una indagine che si potrà dire conclusa solo con l’arresto del quarto presunto responsabile di concorso in rapina pluriaggravata e lesioni personali. Questi i reati contestati dal pm Gianni Caria, titolare della inchiesta.

Il successo investigativo è il frutto del lavoro sinergico degli uomini della questura, supportati dai colleghi delle questure di Nuoro e dei commissariati di Ozieri e di Macomer. Perché, come spiega il gip Spanu nella sua ordinanza, i tre indagati erano facce note per la polizia sassarese. I volti di due di loro sono stati riconosciuti dagli agenti della sezione Volanti guidata dal vice questore Giovanni Lopresto; mentre quello di Giovanni Sanna è stato riconosciuto senza esitazioni dagli investigatori della prima sezione Antisequestri e Crimine organizzato coordinata dal sostituto commissario Piergiuseppe Foddai. Costantino Loi, invece, ha un problema posturale che lo fa deambulare proprio come l’unico rapinatore che la sera del colpo portava un cappuccio.

Sanna, che è fratello della donna di Macomer imputata nell’ambito della inchiesta-bis sul sequestro di Titti Pinna, era stato tenuto d’occhio durante la stessa indagine fino all’accertamento della sua totale estraneità nel rapimento. Dalle indagini è emersa la assidua frequentazione del macomerese con gli altri tre presunti rapinatori. La sera del colpo ci fu un intenso scambio di telefonate. I tabulati dimostrerebbero la presenza di tutti nell’ovile di Sanna, nelle campagne di Macomer, e a Sassari in orari compatibili con il tempo necessario per raggiungere la città, compiere il colpo e tornare nel Marghine.

Conclusi gli interrogatori di garanzia, l’inchiesta sulla rapina a Giuseppe Mura si sposta nelle aule giudiziarie e nei laboratori scientifici. La sera del colpo, infatti, i banditi lasciarono abbondanti tracce nel giardino della villa di Mura. Durante la colluttazione il commerciante addentò un dito a uno degli aggressori e questo lasciò tracce di sangue e un lembo di pelle nell’auto dell’imprenditore. L’esame del Dna su queste e altre tracce potrebbe diventare l’architrave di una inchiesta basata, secondo gli investigatori, su solide prove.

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