La Nuova Sardegna

Sassari

Uno sguardo inedito nella città degli orti che non esiste più

di Antonio Meloni
Uno sguardo inedito nella città degli orti che non esiste più

Quattro pannelli riscoprono il reticolo di strade vicinali Censiti anche numerosi monumenti, fonti e antiche cisterne

15 luglio 2014
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. L’esigenza primaria è identificare quel reticolo di strade che penetrano nella campagna vicina al centro abitato, ma ricordare, anche, ai sassaresi, che l’agro può riservare belle sorprese almeno quanto il centro della città.

L’iniziativa promossa dal Consorzio strade vicinali “Eba Giara, Filigheddu, Monti Bianchinu, Scala di lu Pintori”, guidato da Vanni Lintas, è di quelle destinate a essere imitate al più presto.

Quattro pannelli in alluminio, di grandi dimensioni, 135X90, saranno presto installati nei quattro accessi alla vasta area di pertinenza del Consorzio delimitata dai quartieri di Luna e Sole, Cappuccini e Monte alto.

Riportano la mappa del luogo con l’individuazione precisa delle vie di percorrenza e, soprattutto, le indicazioni di monumenti importanti che rievocano un passato ricco di storia. Antiche cisterne alimentate da sorgenti di acqua potabile, parte integrante di un sistema idrico, quello dell’acquedotto romano di Turris Libisonis, che da quelle fonti traeva alimento lungo il percorso che terminava nell’attuale Porto Torres.

Il direttivo del Consorzio, con il prezioso contributo di un esperto, si è preso la briga di censirle tutte indicando anche l’itinerario per arrivarci.

Sono tante e i nomi rievocano vicende e personaggi di storica memoria: San Martino e San Quirico, Fonte della salute, Crovetto, Fonte del Re, Cisterna Manca, Fonte Gutierrez. Si trovano tutte in aperta campagna, magari nascoste dalla vegetazione, ma visitabili per capire lo stretto legame che nei secoli la città ha avuto con l’entroterra più prossimo, caratterizzato dalla presenza di orti e oliveti, frutteti e coltivazioni diverse, ulteriore riprova della vitalità di un settore agricolo da cui la città, nei secoli, ha sempre tratto alimento e sostegno.

Era la tanto celebrata Sassari degli orti e dei zappatori, dei modernissimi, per l’epoca, sistemi di irrigazione, dei fondi appartenenti alle famiglie nobili, ma anche delle chiese campestri. Di queste, di tanto in tanto, dalla vegetazione rigogliosa svettavano i campanili a vela, elemento architettonico tipico dei templi che anticamente sorgevano in mezzo alla campagna per le esigenze spirituali di quei fedeli impegnati nei lavori agricoli.

Una per tutte, la chiesa di San Quirico, che domina la collinetta dell’Eba Giara, il cui impianto originario risale alla seconda metà del XII secolo, poi rimaneggiata, a più riprese, tra il Cinque e Seicento e verso la fine dell’Ottocento.

Enrico Costa ne parla anche nel “Sassari”, citando un documento del 1614, una lettera scritta da un sacerdote all’allora arcivescovo Manca Cedrelles, in cui si riporta la notizia che la chiesetta, anticamente dedicata a San Martino, fu sede di un monastero femminile che oltre al tempio possedeva altri beni di pertinenza dell’antica Villa di “Acqua chiara”, da cui trae origine l’antico toponimo “Eba giara”. Le monache, scrive il Costa, abbandonarono poi il luogo in seguito all’arrivo della malaria.

Vicende e personaggi che saranno rievocati grazie a un’iniziativa semplice, ma decisamente utile, che sarà varata nei prossimi giorni.

«L’obiettivo principale _ spiega Vanni Lintas _ è quello di rendere identificabili le vie per agevolare il compito di chi le percorre ogni giorno, ma anche riportare alla memoria le testimonianze che hanno caratterizzato la storia di questa poco conosciuta parte di Sassari».

In Primo Piano
Il funerale

A Ittiri lacrime e rombo di motori per l’ultimo saluto a Sebastiano Pasquarelli

di Luca Fiori
Le nostre iniziative