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Sassari

Sassari, vendevano ricambi rubati: otto indagati

di Gianni Bazzoni
Sassari, vendevano ricambi rubati: otto indagati

Gli agenti della Mobile hanno accertato l’esistenza di una rete parallela per piazzare il materiale sul mercato clandestino

03 luglio 2014
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SASSARI. Sono accusati di avere creato una rete parallela per alimentare il mercato clandestino di pezzi di ricambio e accessori per auto che, in larga parte, venivano rubati dal deposito della «Net Ricambi», nella zona industriale di Predda Niedda. A conclusione delle indagini della squadra mobile della questura, il sostituto procuratore della Repubblica Elisa Loris ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per otto persone tra dipendenti della stessa azienda di ricambi, meccanici e carrozzieri.

Gli indagati sono Gian Luca Soro, 43 anni; Carlo Guastamacchia, 36; Andrea Sebastiano Fotzi, 34; Massimiliano Soro, 41, e Francesco Fancello, 33, tutti sassaresi e all’epoca delle indagini dipendenti della «Net Ricambi» (e successivamente sospesi dal servizio con provvedimento di licenziamento). E tre clienti che avrebbero acquistato ricambi e accessori rubati: si tratta di Carlos Tiano, 47 anni, nato a San Vicente (Cv) e residente a Calangianus; Fabrizio Tiano, 22, nato a Tempio e residente a Calangianus, e Antonio Lupino, 39, di Sassari ma residente a Castelsardo. Per i dipendenti, l’aggravante per avere commesso il reato con “abuso di prestazioni d’opera”.

L’inchiesta. L’attività degli investigatori della squadra mobile della questura, guidati dal dirigente Bibiana Pala era entrata nel vivo circa un anno fa con una serie di perquisizioni che avevano portato al recupero di una parte della refurtiva per un valore di circa 40mila euro. Ma nel corso delle indagini era emerso che i movimenti di ricambi e accessori in uscita su un canale parallelo (anche con bolle di consegna fasulle) avevano superato i 200mila euro.

Indagati. Tra gli indagati, soprattutto magazzinieri, addetti alle vendite e autisti, tutti dipendenti della «Net Ricambi» di Sassari. E poi alcuni clienti fidati - meccanici e carrozzieri - che abitualmente acquistavano frizioni, pompe di freni, scatole dello sterzo, filtri, cuscinetti, centraline e carburatori, ammortizzatori e specchietti retrovisori. E ancora, gruppi ottici, olio motore, cerchi in lega e prodotti utilizzati per la pulizia delle auto.

Sparizioni misteriose. Le indagini della polizia erano scattate dopo la denuncia dei titolari della «Net Ricambi» che avevano lamentato la sparizione di ricambi dal deposito di Predda Niedda. Dai primi accertamenti era emerso che alcune persone - che conoscevano bene i meccanismi per il trasferimento della merce - erano riuscite a eludere i controlli disposti dall’azienda. Così, attraverso ingegnosi stratagemmi, i pezzi di ricambio più costosi e destinati ad auto di fascia alta, uscivano dal deposito in numero superiore rispetto a quelli destinati alla vendita certificata.

I privati. I ricambi venivano venduti a prezzi inferiori a privati e professionisti del settore. Il traffico andava avanti da circa un anno e la squadra mobile aveva accertato l’esistenza di una sorta di rete parallela: i ricambi erano stati trovati in garage, abitazioni e case di campagna degli indagati. Era stato creato anche un sistema di comunicazioni specifico per le ordinazioni dei pezzi di ricambio, tanto che le domande ricevevano una risposta positiva in poco tempo.

La giustificazione. Durante lo svolgimento dell’attività investigativa, alcuni degli indagati avevano cercato di giustificare i reati commessi con uno «stato di necessità». Secondo quanto avevano dichiarato, la decisione di vendere in proprio i pezzi di ricambio sarebbe stata dettata dal fatto che ricevevano in ritardo le retribuzioni. Una situazione che, però, nel corso delle indagini non ha trovato conferma.

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