La Nuova Sardegna

Sassari

Federici: no a sentenze basate su deliri

di Nadia Cossu
Federici: no a sentenze basate su deliri

Processo Erittu, l’avvocato di Pino Vandi (accusato di omicidio): non esistono riscontri al racconto fantasioso di Bigella

20 giugno 2014
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SASSARI. «Criminale, simulatore, calunniatore». L’avvocato Pasqualino Federici nel giorno di chiusura delle arringhe difensive usa questi tre aggettivi per descrivere l’uomo perno del processo che deciderà le sorti di cinque persone: Pino Vandi, Nicolino Pinna, Mario Sanna, Gianfranco Faedda e Giuseppe Soggiu. Per i primi tre il pm Giovanni Porcheddu ha chiesto l’ergastolo per omicidio in concorso.

Ruota intorno alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella il procedimento penale che si sta celebrando in corte d’assise per far luce sulla morte del detenuto Marco Erittu, trovato senza vita nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007. Caso inizialmente archiviato come suicidio e poi, proprio in seguito alle dichiarazioni del reoconfesso Bigella (che indicava Vandi come mandante del delitto e gli altri due come suoi collaboratori nell’esecuzione), la Procura ha riaperto le indagini. Ed è quindi comprensibile che molti avvocati abbiano cercato di screditare colui che nel gergo giurisprudenziale è il “chiamante in correità”. Di farne vacillare l’attendibilità e di rilevare l’assenza di riscontri oggettivi alle sue parole.

La chiamata in correità. Il supertestimone aveva raccontato di aver soffocato Erittu – su ordine di Vandi – con un sacchetto e di aver poi incaricato un altro detenuto (Pinna) di inscenare il suicidio per impiccamento tagliando una striscia di coperta che era nella stessa cella della vittima. Ma il perito tessile Badiani durante il processo ha escluso che la striscia provenisse dalla coperta sequestrata in cella. È uno degli elementi importanti su cui si è soffermato Federici: «Bigella chiama in correità Vandi. In casi come questo il legislatore prevede che debbano esserci elementi di riscontro oggettivi rispetto alle dichiarazioni fornite dal “chiamante in correità”». In sintesi: non basta che un uomo si autoaccusi di un omicidio per essere considerato credibile. Serve molto di più. E se è vero che la striscia di tessuto non proviene dalla coperta che si trovava nella cella di Erittu, secondo la difesa ecco che «viene a mancare proprio l’elemento oggettivo. Perché significa che Bigella ha mentito». Ed è solo uno dei tasselli mancanti: «Ma siccome nel processo penale non esiste l’inversione dell’onere della prova, non sono io che devo dimostrare e colmare le tante lacune di un racconto fantasioso» Ecco perché, secondo l’avvocato Federici, «la verità di Bigella va vagliata minuziosamente. Perché il riscontro è come l’indizio: deve essere certo, univoco. Qui, al contrario, non ce n’è uno che tenga».

Il sequestro Ruiu. Secondo Bigella, Erittu «non doveva arrivare al lunedì successivo» («frase ad effetto del mentitore perfetto», la definisce Federici) perché voleva rivelare alla Procura di essere a conoscenza del coinvolgimento di Vandi nella sparizione del farmacista di Orune Paoletto Ruiu e in quella del muratore di Ossi Giuseppe Sechi: «Un sodalizio tra la criminalità sassarese e quella nuorese? I più grandi avvocati che conoscono quelle vicende si farebbero una risata fragorosa e inarrestabile. Me compreso considerato che fui contattato proprio dai familiari di Ruiu in quel periodo».

La dinamica del delitto. «Dobbiamo davvero credere – dice Federici – che all’agente Mario Sanna dicono di aprire la cella di Erittu e lui obbedisce? Ma avete visto in faccia questa persona? Rischierebbe l’ergastolo rinunciando al futuro, alla moglie e ai figli? Lui che ha dedicato tutta la vita al lavoro e all’onestà? La risposta è no e la verità è che si continua a partire sempre daun ipse dixit. O meglio: da un delirio». E aggiunge: «Bigella parla di vomito. Ma nessuno ha rilevato tracce di rigurgito. E non bisogna neppure dimenticare che Erittu prendeva anticoagulanti e se un uomo grosso come Nicolino Pinna lo avesse tenuto fermo durante l’omicidio ci sarebbero stati segni sul corpo. E invece il medico legale Lorenzoni ha detto che la vittima non presentava segni di violenza».

Il precedente dell’omicidio Zirulia. Ripercorre, infine, l’omicidio della gioielliera Fernanda Zirulia «massacrata a coltellate da Bigella che ne aveva carpito la fiducia per attuare il suo piano criminale e per poi accusare il figlio della vittima sostenendo fosse lui il mandante. Tutto falso».

La richiesta di assoluzione. Da qui la richiesta ai giudici: «Non potete dormire tranquilli sapendo di aver condannato tre persone all’ergastolo basandovi sulle parole di un calunniatore. Io ho vissuto questo processo con una certezza interiore ed è sulla base di questa convinzione profonda che chiedo l’assoluzione perché il fatto non sussiste».

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