La Nuova Sardegna

Sassari

«Disastro causato dalla condotta a terra»

di Nadia Cossu
«Disastro causato dalla condotta a terra»

Processo per la marea nera nel golfo dell’Asinara. Ieri in aula il tenente di vascello Mirko Orrù, tra i primi a intervenire

28 maggio 2014
2 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. «Abbiamo cercato di capire da dove provenisse l’inquinamento e accertammo che non arrivava dalla nave che stava scaricando l’olio combustibile ma dalle condutture di terra che servono a trasportare il prodotto dalla nave ai serbatoi».

È ricominciato ieri con la testimonianza di Mirko Orrù il processo che dovrà far luce sulle responsabilità del disastro ambientale prodotto dai 36mila litri di olio combustibile che la notte tra il 10 e l’11 gennaio del 2011 si riversarono (dalla banchina di Fiume Santo) nel mare dell’Asinara invadendo le acque di uno dei golfi più belli del Mediterraneo. L’allora caposervizio della sicurezza e della navigazione portuale di Porto Torres è stato citato come teste dal pubblico ministero Paolo Piras. Rispondendo alle domande, Orrù ha elencato tutti gli accertamenti e gli interventi che lui e i suoi colleghi eseguirono non appena arrivò la segnalazione dello sversamento e ha sostanzialmente confermato quanto scritto nella relazione presentata subito dopo il disastro.

L’inquinamento interessò l’intero golfo: il grosso dell’olio combustibile si spiaggiò fra Platamona e Marritza, lasciando però più di una traccia sulle spiagge e sulle rocce della Gallura, senza risparmiare Porto Torres e il Parco nazionale dell’Asinara. L’incidente, che sollevò la reazione dei cittadini di tutta l’isola, aveva lasciato sul litorale chiazze nere e oleose, poi faticosamente ripulite a spese dallo stesso colosso tedesco dell’energia, E.On. «Accertammo che il materiale inquinante non poteva provenire dalla nave perché era perfettamente circoscritta da strutture galleggianti. La società mise subito a disposizione dei camion gru – ha confermato Orrù rispondendo alle domande di Giuseppe Conti, uno degli avvocati difensori – e collaborò con le sue autobotti per le operazioni di svuotamento del prodotto dai cassettoni». In seguito tutta l’area venne sottoposta a sequestro su ordine della Procura della Repubblica di Sassari.

Nel processo per la “marea nera” sono imputati l’attuale direttore della centrale termoelettrica di Fiume Santo della multinazionale E.On, Marco Bertolino (45 anni), Salvatore Signoriello (60 anni), attuale manager di E.On Produzioni Italia e direttore tra il marzo del 2000 e il luglio 2002 – quando proprietaria dell’impianto era l’Endesa – e Francesco Capriotti (59 anni), manager di Enelpower dal 2002 fino al settembre 2004. I reati contestati sono crollo colposo aggravato dalla previsione dell’evento (in merito alla rottura dell’oleodotto da cui derivò lo sversamento in mare) e deturpamento delle bellezze naturali.

In Primo Piano
Il funerale

«Il nostro Stefano torna a casa»: all’ippodromo di Sassari la camera ardente per il giovane fantino

Le nostre iniziative