La Nuova Sardegna

Sassari

Alina Cossu, non c’è il Dna dell’assassino

di Gianni Bazzoni
Alina Cossu, non c’è il Dna dell’assassino

Depositata la perizia del medico legale, l’inchiesta-bis sull’omicidio della studentessa è avviata verso l’archiviazione

09 maggio 2014
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Nessuna possibilità di isolare il Dna dell’assassino. Non hanno trovato niente il medico legale Ernesto D’Aloja e i suoi collaboratori sui resti biologici prelevati dal corpo di Alina Cossu il giorno della riesumazione del cadavere. La perizia è stata depositata ieri dal perito incaricato dal pubblico ministero Gianni Caria: cade, quindi, l’ultima speranza alla quale si erano aggrappati il magistrato titolare dell’inchiesta - che le ha tentate davvero tutte per arrivare alla soluzione del delitto di circa 26 anni fa - e i familiari della studentessa di Porto Torres.

Ora l’inchiesta è appesa a un filo. Il 30 maggio è stata fissata l’udienza davanti al gip per decidere definitivamente sulla proroga di ulteriori sei mesi che era stata chiesta dal pubblico ministero e che - chiaramente - era collegata proprio all’esito della perizia affidata a un luminare come il professor D’Aloja, che ha già dato contributi significativi per la soluzione di altri casi, anche risalenti a parecchi anni prima. Una decisione che potrebbe non essere più necessaria se in queste settimane non interverranno elementi nuovi, tali da indirizzare l’attività investigativa di polizia e carabinieri, sotto la guida della procura della Repubblica, verso un riferimento specifico con il supporto di prove adeguate.

Solo chi sa - se decidesse di parlare e dare un contributo per fare luce sul mistero dell’uccisione di Alina Cossu - a questo punto può dare una svolta all’inchiesta-bis che, altrimenti, sembra destinata all’archiviazione.

La caccia all’assassino fortunato, cominciata in malo modo il 10 settembre del 1988 (il giorno del ritrovamento del cadavere di Alina Cossu nel mare tra la scogliera di Balai lontano e Abbacurrente, purtroppo sembra arrivata alle battute finali. Tutti gli sforzi del sostituto procuratore Gianni Caria (che ha veramente insistito valorizzando ogni minimo particolare per cercare di arrivare alla soluzione del caso) e quelli degli investigatori che si sono adoperati senza soste negli ultimi mesi, rischiano di essere vanificati. A meno che non ci sia un colpo di scena dell’ultima ora.

L’inchiesta-bis era partita nel mese di luglio dello scorso anno, quando il pubblico ministero aveva prodotto una serie di elementi nuovi e chiesto la riapertuta delle indagini. Insieme alle verifiche disposte dal magistrato, il 5 novembre 2013 c’era stata anche la riesumazione del corpo di Alina Cossu nel cimitero di Porto Torres. Il gip Maria Teresa Lupinu - sempre su richiesta del pm Gianni Caria - aveva anche revocato la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Gianluca Moalli, un operaio di Porto Torres originariamente indagato e arrestato per l’omicidio e poi prosciolto. L’inchiesta-bis si era sviluppata con altri cinque indagati e una serie di indizi prodotti dal magistrato. Sono passati i mesi, caratterizzati da un lungo silenzio e l’attesa rivolta al prezioso lavoro del medico legale Ernesto D’Aloja che si è preso tutto il tempo possibile per cercare tra i campioni biologici prelevati dal cadavedere della studentessa di Porto Torres «tracce riconducibili all’autore dell’omicidio». Ieri l’amara constatazione che la ricerca scientifica stavolta non ha aiutato, non ha potuto colmare quel vuoto creato nella prima fase delle indagini (subito dopo l’omicidio) che ha messo in evidenza gravi lacune (riconosciute anche nell’ordinanza del gip). Resta la consapevolezza che in giro c’è chi sa qualcosa di determinante su uno dei casi di femminicidio ancora irrisolti in Sardegna e può dare un contributo determinante per affermare la verità e la giustizia.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Politica

Regione, la giunta Todde annulla la delibera per la costruzione di quattro nuovi ospedali

Le nostre iniziative