La Nuova Sardegna

Sassari

Fuga dagli istituti tecnici e professionali

di Andrea Massidda
Fuga dagli istituti tecnici e professionali

Una ricerca dell’Università rivela l’allarmante emorragia di studenti dalle Superiori cittadine. Dati positivi soltanto nei licei

01 maggio 2014
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SASSARI. All’Alberghiero di via Cedrino tre studenti su dieci gettano la spugna dopo il secondo anno di studi. Ma la situazione non è molto più rosea ai Geometri e ai Ragionieri, e nemmeno all’Agrario e alle Commerciali, dove la percentuale di abbandoni risulta di gran lunga superiore rispetto alla media regionale e nazionale. Lo rivela, mettendo in evidenza l’estrema gravità dei dati raccolti, il primo report sulla dispersione scolastica in città, frutto dell’attuazione di un protocollo d’intesa tra il Comune e l’Università di Sassari. La ricerca, relativa all’anno scolastico 2010-2011, è stata condotta dal Dipartimento di Scienze politiche e restituisce una fotografia impietosa sull’emorragia di alunni negli istituti secondari di secondo grado, cioè le Superiori. A salvarsi sono soltanto i licei, dal Classico allo Scientifico passando per quello Psico-socio-pedagogico (le vecchie Magistrali), poi l’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato. Il resto è un disastro. O quasi. Al punto che - stando a questo studio elaborato sotto la responsabilità scientifica di Patrizia Patrizi, ordinaria di Psicologia sociale e giuridica, ma anche delegata del rettore per l’Orientamento studentesco - vista l’ampiezza della forbice si deve intervenire subito. «Non vi è nessuna scuola sassarese - si legge nel report - che permetta di intravedere un miglioramento futuro rispetto allo scenario italiano, se non attraverso un intervento massiccio e coordinato della pubblica amministrazione, coadiuvato dall’intensa collaborazione delle scuole».

I numeri. Lo scostamento più allarmante si registra all’Alberghiero, con 6 punti percentuali sopra la media ragionale (già preoccupante) e addirittura 13 sopra quella nazionale. Nel dettaglio, il 16,90 per cento dei neo-iscritti abbandona il corso di studi al termine del primo anno, mentre un altro 13 per cento lascia alla fine del secondo. Ai Geometri, invece, a dare forfait è il 12,10 per cento delle matricole, mentre ai Ragionieri il 18,8 per cento dice addio alla scuola alla fine del biennio d’ingresso. Nel medesimo arco di tempo all’Agrario abbandona il 10,4 dei ragazzi. All’Istituto tecnico commerciale “Dessì - La Marmora”, con i suoi due indirizzi in Amministrazione, Finanza, Marketing e in Turismo, sparisce dopo i primi due anni un alunno su otto (il 12,7 per cento, per l’esattezza), quando la media a livello nazionale tocca appena l’1,6 per cento. Numeri che parlano da soli.

L’analisi. Tuttavia una lettura dei dati è necessaria per capire dove e come agire. E naturalmente nel report non manca, anche se - come spiega la dottoranda in Scienze sociali Gabriella Colucci, che fa parte dell’équipe di ricerca - a questa indagine quantitativa ne seguirà una qualitativa. «È inutile negarlo - ammette Ernesto Lodi, dottore di ricerca in Scienze dell’orientamento, l’esperto che ha collaborato alla revisione critica del report - negli istituti tecnici e professionali la situazione è assai preoccupante. I motivi di tanta dispersione sono molteplici, ma tra questi gioca un ruolo non trascurabile il cosiddetto consiglio orientativo dispensato agli alunni che si apprestano a prendere la licenza media: purtroppo capita spesso che un adolescente che non va bene a scuola o magari non brilla perché è proprio la scuola che non ne coglie le potenzialità, venga indirizzato quasi automaticamente negli istituti tecnici e professionali, perché secondo uno stereotipo duro a morire si ritiene che lì si studi di meno». Un pregiudizio che viene smentito dagli studenti già alla fine del primo quadrimestre e che, sommato ad altri fattori, evidentemente scoraggia e demoralizza i ragazzi andando a colpirli persino nella loro già bassa autostima. «La verità - continua Lodi - è che la funzione dell’Orientamento generalmente è affidata a persone non adeguatamente formate: non basta il docente motivato, è necessario che questo compito delicatissimo sia svolto da professionisti». Sulla questione orientamento si sofferma anche Roberto Cesaraccio, direttore didattico dell’Alberghiero dal 2010, quindi dall’anno scolastico preso in esame per la ricerca. «Premesso che negli istituti professionali il tasso di abbandono è sempre stato superiore rispetto ai licei - spiega - è innegabile che in questo fenomeno la formuletta attraverso la quale vengono indirizzati in certe scuole i ragazzi delle medie con i voti più bassi giochi un ruolo importante. Così capita spesso che negli istituti professionali, dove la platea degli studenti è fatta da non pochi adolescenti con alle spalle ripetenze o problematiche familiari, giungano ragazzi convinti di poter studiare poco, mentre la verità è che si studia diversamente. Si tratta di un equivoco capace di provocare grossi danni».

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