La Nuova Sardegna

Sassari

“Vinyls, una sconfitta per l'isola”

di Gianni Bazzoni
“Vinyls, una sconfitta per l'isola”

Le reazioni agli 88 licenziamenti, atto finale di una vertenza che ha sollevato clamore in tutta Italia anche attraverso il resoconto quotidiano del gruppo Facebook "L'isola dei cassintegrati"

25 aprile 2014
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SASSARI. Quella fucilazione simulata, con i corpi dei lavoratori accatastati sui gradini di piazza d’Italia, oggi rappresenta in maniera emblematica l’atto finale della vertenza della Vinyls. E sbaglia chi legge la scena come una sconfitta solo di un gruppo di operai, di un pezzo di territorio o di un sito industriale. E’ una battaglia persa per il lavoro, per la politica e per tutta la Sardegna. Nessuno può dire «io non lo sapevo», perché tutti erano informati e si fa fatica - nella imponente documentazione fotografica disponibile negli archivi - a trovare uno che non sia passato da quelle parti.

«Con il licenziamento degli 88 lavoratori della Vinyls – ha detto Fabio Meloni, presidente regionale delle Acli Sardegna – sprofonda definitivamente negli abissi della disoccupazione e dell’incertezza la famosa Isola dei Cassintegrati, simbolo di una lotta difficile per la difesa dell’occupazione in Sardegna e in Italia».

Meloni si sofferma proprio sul tema dell’occupazione e dello sviluppo «che deve tornare al più presto al centro dell’agenda politica regionale e nazionale. Con le lettere di licenziamento inviate dal curatore fallimentare si chiude il sipario, ed è una dolorosa sconfitta per tutti».

Tino Tellini è stato uno dei protagonisti della lunga battaglia dei lavoratori della Vinyls, ha curato per mesi il diario che raccontava l’esperienza di un gruppo di autoreclusi nell’Isola dei Cassintegrati. Ora - a 52 anni e dopo dopo 23 di Petrolchimico - deve ricominciare da capo: troppo giovane per andare in pensione, troppo “vecchio” per rientrare a pieno titolo nel mondo del lavoro. Insomma, un disoccupato atipico.

«Ci hanno distrutto – racconta – , hanno mandato al macero una delle più prestigiose produzioni italiane. Dicono che bisogna cambiare, che la grande industria è finita. Bene, di cosa dovremmo campare allora? Degli investimenti che non ci sono? Della precarietà galoppante in ogni settore? No, non ci siamo, e mi rendo conto che è complicato farsi capire da chi non ha mai conosciuto un giorno di sofferenza e non ha dovuto lottare con tutte le proprie forze per avere un lavoro e poi per cercare di non perderlo».

Michele Cossu quella lettera di licenziamento non la considera una resa. «Nonostante tutto quello che ci hanno fatto passare – dice – ho ancora un po’ di fiducia. Certo devo scavare dentro di me per trovarla, ma nel profondo c’è ancora». E si rivolge al presidente della giunta regionale Francesco Pigliaru: «La Regione può ancora giocare un ruolo importante, può chiedere al Governo nazionale che si creino le condizioni per salvare un patrimonio umano e professionale. Possiamo essere riqualificati, formati per affrontare nuovi incarichi, abbiamo la mentalità e la disponibilità per fare ancora qualcosa di utile».

Sembra impossibile, ma l’unica azienda italiana a produrre Pvc (che ha una serie di declinazioni nella plastica) è diventata l’ennesimo tassello che si colloca nel piano della desertificazione industriale che in Sardegna ha inghiottito praticamente tutto. Il verdetto stavolta arriva dal Tribunale e sul campo restano le bonifiche da fare, impianti pericolosi presidiati da lavoratori licenziati. Assurdo? Sì, ma tutto vero.

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