La Nuova Sardegna

Sassari

Colonia penale di Tramariglio, il libro-riscatto dei detenuti

di Gianni Bazzoni
Colonia penale di Tramariglio, il libro-riscatto dei detenuti

Presentato nel carcere di Bancali il volume è il frutto del lavoro di un gruppo di carcerati

13 aprile 2014
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SASSARI. Il coraggio di giocare una sfida che in molti davano persa in partenza. Perché il carcere è già negativo di per sè, è un posto dove tutti ci stanno male e quando le strutture sono terribili - come era San Sebastiano - allora il rischio è quello di buttare all’aria anche le poche cose che portano speranza. Come il lavoro. In sei, tutti detenuti e provenienti da esperienze diverse, che sembrava impossibile integrare in un gruppo, hanno dato un contributo fondamentale per vincere quella scommessa che ha coinvolto le strutture del carcere (dalla direzione all’area educativa e fino alla polizia penitenziaria) e il Parco di Porto Conte, insieme all’Archivio di Stato e ad alcuni consulenti preziosi che hanno reso possibile la realizzazione di un progetto che ora merita di essere definito, come sostiene Maria Paola Soru, responsabile dell’Area educativa del carcere di Bancali che coordina l’incontro.

Il libro. Il volume che riporta d’attualità alcuni momenti della quotidianità vissuta dai detenuti della colonia penale di Tramariglio è stato presentato ufficialmente ieri mattina nel carcere di Bancali, per la prima volta aperto agli esterni nell’accogliente sala conferenze. Edito da Carlo Delfino (per la collana I quaderni del Parco di Porto Conte), si intitola «La colonia penale di Tramariglio. Memorie di vita carceraria».

La memoria. Ma non è solo un libro. Le testimonianze raccolte aiutano a ricostruire la complessità dei rapporti umani nella colonia penale. «Dietro questo volume ci sono storie e persone – ha detto Giampaolo Cassitta, direttore regionale dell’Area educativa – c’è la memoria. E nella memoria degli uomini c’è sempre qualcosa da raccontare».

Il salvataggio. Davide Aristarco, Simone Silanos, Lorenzo Spano, Daniele Uras, Giuliano Usala e Roberto Varone hanno lavorato dal carcere, poi sono e sono usciti dalle celle per dare vita a un percorso imprevedibile, attraverso i benefici consentiti da chi accede all’articolo 21 (lavoro all’esterno). Prima negli scantinati di San Sebastiano, tra polvere, muffa, topi e pulci, in condizioni assurde. Quando terminavano il turno di lavoro si lavavano con l’acqua minerale che pagavano loro, perché spesso le docce erano a secco a San Sebastiano. Ogni volta che trovavano un fascicolo, esultavano come quando si segna un gol. Ora tutto quel materiale è un patrimonio messo in salvo, che può essere tramandato agli altri, anche oltre la Sardegna. Senza il lavoro dei detenuti sarebbe andato perduto.

Il direttore. Patrizia Incollu, direttore del carcere non nasconde la portata di quella che considera una sfida giocata e vinta. «E’ stato recuperato un pezzo di storia – dice – e dietro c’è il viaggio di un gruppo di persone consegnate al carcere e che vengono restituite alla società cambiate, migliorate tanto. Lo dico oggi qui, a Bancali, in una struttura nuova, dove siamo arrivati a luglio e ci stiamo ancora sistemando. Ci siamo lasciati alle spalle la vergogna di San Sebastiano. La validità del lavoro ci è stata riconosciuta anche dal ministro Cancellieri in occasione della sua visita a Sassari».

Il Parco. Il Parco di Porto Conte è stata un po’ la seconda casa per il gruppo dei detenuti inseriti nel progetto che ha consentito di salvare la storia e la memoria della colonia penale di Tramariglio. Vittorio Gazale è un esperto nel portare a compimenti progetti impossibili: «Esperienza unica e incredibile – dice il direttore del Parco – e il nostro impegno è stato ripagato con stima e affetto da parte di persone speciali. Li abbiamo visti arrivare, all’inizio tristi e quasi rassegnati, poi sono cambiati anche fisicamente. Segno che l’ambiente e la natura aiutano, poi servono la forza e il coraggio degli uomini per centrare l’obiettivo». Un parere cndiviso dal presidente del Parco Stefano Lubrano.

La continuità. Ora il passo più difficile, dare continuità al progetto, e per farlo occorrono le risorse finanziarie. Vittorio Gazale ha sottolineato che alla Regione sono fermi, ormai da anni, altri 2milioni di euro legati a un bando europeo che nel frattempo si sono ridotti a 800mila euro. «Dicono che basta niente per sbloccarli, pare un input politico. Ma ancora la burocrazia ne rallenta l’evoluzione: quei soldi vanno spesi entro il 31 dicembre, altrimenti non saranno più disponibili. Speriamo che qualcosa si muova, perchè vuol dire che possiamo dare continuità a un progetto come questo».

L’editore. Carlo Delfino dà l’annuncio davanti a tutti: «Il libro lo portiamo al Salone di Torino – afferma – perché è una pubblicazione speciale. La dimostrazione del “volere-potere”. Il percorso era pieno di ostacoli, ma tutti volevano arrivare al traguardo, e la risposta che è arrivata da chi ha sbagliato e affronta l’esperienza del carcere è un grande risultato che vale come insegnamento per tutti».

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