La Nuova Sardegna

Sassari

Bancali, il detenuto morì per overdose

di Nadia Cossu
Bancali, il detenuto morì per overdose

Colpo di scena nell’inchiesta per il decesso di un romeno ad agosto: la perizia dice che non è stato stroncato da un infarto

07 gennaio 2014
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SASSARI. Non hanno mai creduto a una morte naturale, anche perché proprio sei mesi prima del decesso, Viorel Neicu, 30 anni, si era sottoposto ad alcune visite mediche in carcere che avevano accertato il suo ottimo stato di salute. Per questo i familiari del detenuto romeno avevano chiesto con forza che venisse fatta chiarezza. E per arrivare alla verità – certi che Viorel non fosse morto a causa di un infarto fulminante – si erano affidati agli avvocati di Olbia Cristina e Abele Cherchi.

Alcuni giorni fa è stata depositata la perizia eseguita dal medico legale Vindice Mingioni su richiesta del pubblico ministero Elisa Loris e l’esito dell’esame ha invece rivelato un’altra verità: Viorel Neicu è morto per overdose di eroina iniettata con siringa. La perizia ha quindi stravolto il responso iniziale che attribuiva il decesso a cause naturali. Il risultato dell’esame eseguito da Mingioni apre nuovi scenari e le indagini della Procura di Sassari sono tutt’altro che chiuse: come è entrata la droga nel carcere aperto di recente? Come è possibile che un detenuto riesca a iniettarsi l’eroina con una siringa sfuggendo ai controlli? Interrogativi sui quali la magistratura sta lavorando.

L’episodio risale allo scorso agosto, poche settimane dopo l’apertura del nuovo istituto penitenziario di Sassari dove Viorel Nericu si trovava in seguito all’arresto per sfruttamento della prostituzione. Alle sei del mattino il giovane romeno – che divideva la cella con un connazionale – aveva accusato un forte dolore al petto e il compagno, vedendolo in quello stato, aveva chiesto aiuto all’agente della polizia penitenziaria di guardia. Il detenuto era stato soccorso: medico e infermiere presenti in carcere avevano attivato le procedure per la rianimazione, ma non erano riusciti a salvargli la vita.

Il direttore dell’istituto di pena, Patrizia Incollu, aveva spiegato che si era trattato «di un malore improvviso, imprevedibile e dagli effetti devastanti. I soccorsi sono stati rapidissimi – aveva detto – ma purtroppo non c’è stato niente da fare».

Su questa morte aveva preso posizione anche Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” che, dicendosi «sconcertata» per il fatto allora appena accaduto, aveva ricordato come dieci giorni prima sempre un detenuto romeno avesse tentato di togliersi la vita e fosse stato salvato dagli agenti della polizia penitenziaria.

Cecilia Sechi, il garante dei detenuti che aveva incontrato Viorel Neicu due giorni prima della sua morte lo aveva ricordato con queste parole: «Lavorava e stava benissimo, nessun problema. Era sicuro di poter dimostrare la sua innocenza e contava molto sull’appello, che attendeva con ansia».

La moglie del trentenne romeno – la coppia aveva due figli piccoli – e i familiari si erano rivolti agli avvocati Cristina e Abele Cherchi perché convinti che ci fosse qualcosa di poco chiaro sulla morte del loro caro. I due legali si erano attivati immediatamente chiedendo il sequestro della cella, della cartella clinica, della documentazione carceraria e avevano anche chiesto che venisse sentito il compagno di cella di Viorel Neicu e i primi soccorritori. Sempre i due avvocati che tutelano gli interessi della famiglia della vittima avevano presentato istanza perché venissero analizzati organi e tessuti, un esame indispensabile per chiarire se all’origine della morte ci fosse realmente un arresto cardiaco dovuto a un infarto improvviso e devastante. Avevano anche nominato due periti di parte: i medici Uda e Garippa.

L’esito della perizia disposta dal pubblico ministero Loris apre chiaramente nuovi scenari e nuove indagini che ruoteranno intorno alla struttura penitenziaria di Bancali.

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