La Nuova Sardegna

Sassari

Il crollo dell’industria e l’assenza di alternative

Il crollo dell’industria e l’assenza di alternative

Cancellati migliaia di posti di lavoro, crisi economica gravissima e risposte negate E.On vende Fiume Santo, la chimica verde rallenta e le bonifiche non decollano

31 dicembre 2013
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SASSARI. Uno sciopero generale solo minacciato a ottobre e poi “congelato”, forse anche per la paura di non riuscire a ripetere i numeri dell’appuntamento precedente, quando Cgil, Cisl e Uil portarono in piazza d’Italia 10mila persone. Il territorio ha sofferto nel 2013 gli effetti di una crisi terribile, apparentemente inarrestabile. Soprattutto perchè, di fronte alle chiusure e ai crolli annunciati nei settori centrali (l’industria soprattutto) nessuna certezza è arrivata per costruire alternative credibili. Il Sassarese ha attaccato duramente la Regione, con l’accusa di cagliaricentrismo, spesso anche per il ruolo di subalternità nei confronti delle multinazionali: E.On e Eni che pure hanno progetti importanti nel nord Sardegna.

Negli ultimi anni sono stati spazzati via migliaia di posti di lavoro: cifre da brivido generate da chiusure di impianti (una decina quelli cancellati dal 2008 a oggi) e anche i settori che sembravano inattaccabili - come quello delle costruzioni - sono sprofondati trascinandosi dietro migliaia di posti di lavoro. La situazione è a livello di guardia ormai da troppo tempo e le dichiarazioni di principio non hanno cambiato l’ordine delle cose.

E.On. A Fiume Santo è stato polverizzato il sistema delle imprese e i livelli occupazionali sono scesi ai minimi termini. Una situazione destinata a peggiorare con la fermata definitiva dei vecchi gruppi 1 e 2 e il rischio di nuovi tagli che tra diretti e indiretti può coinvolgere un’altra ottantina di lavoratori. La multinazionale tedesca si è mossa a proprio piacimento: non ha rispettato le intese, ha bloccato un investimento da circa 700 milioni di euro per il nuovo gruppo e il miglioramento delle condizioni ambientali nell’impianto di Fiume Santo. Ha dichiarato 110 esuberi e ridotto al minimo indispensabile gli interventi per le manutenzioni: diversi gli incidenti, alcuni anche gravi. A fine novembre è trapelata l’indiscrezione circa la decisione di lasciare l’Italia e quindi anche la Sardegna. Centrale di Fiume Santo in vendita insieme agli altri asset del gruppo. Cessioni “spezzatino” per un valore calcolato di circa tre miliardi di euro. Per il polo energetico del Sassarese non hanno nascosto le loro attenzioni Paolo Clivati di Ottana Energia insieme a diversi partner forti del settore energia, oltre ad alcuni gruppi cinesi che hanno già fatto capolino nell’isola: China Enviromental Energy Holding e Shenzhen Energy Group. Le prime offerte potrebbero arrivare tra gennaio e febbraio, ma le cessioni scatterebbero nell’estate del 2014.

Chimica verde. E’ l’altro grosso progetto inserito nell’area dell’ex stabilimento petrolchimico di Porto Torres. L’Eni è coinvolto direttamente e non può considerare l’operazione come una partita a parte rispetto alle bonifiche ambientali che costituiscono un passaggio fondamentale per eventuali iniziative future. Gli errori del passato non si possono ripetere: l’industria di qualità ha un futuro e richiede anche professionalità adeguate. Il progetto della green economy è stato calato in un territorio che tarda a vedere i benefici reali, anche in termini di posti di lavoro. Tavoli e tavolini non hanno messo in moto un sistema per la rinascita di una vasta area integrata che pure esprime notevoli potenzialità. Il 2014 partirà con una fase di grave incertezza. (g.b.)

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