La Nuova Sardegna

Sassari

Inquinamento, relazione choc su Fiume Santo

di Gianni Bazzoni
Inquinamento, relazione choc su Fiume Santo

Dai controlli effettuati dai carabinieri nella centrale termoelettrica di proprietà di E.On emergono situazioni incredibili: per 2 anni scaricati nel mare del golfo dell’Asinara cloruri e solfati oltre i limiti

20 ottobre 2013
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SASSARI. L’indagine dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico nel polo energetico di Fiume Santo, di proprietà di E.On, ha fatto emergere una situazione che ha dell’incredibile. Specie se si considera che la centrale termoelettrica risulta tra le attività a rischio di incidente rilevante. Tra le cose più preoccupanti, la mancata rispondenza tra alcune situazioni di criticità presenti negli impianti e i dati rilevati nella sala controllo. Dopo la denuncia penale nei confronti del direttore dello stabilimento, Marco Bertolino, ora l’attività investigativa - coordinata dai sostituti procuratori Carlo Scalas e Paolo Piras - potrebbe accertare anche altri livelli di responsabilità nella scala gerarchica della multinazionale tedesca.

Il rapporto dei carabinieri del Noe, guidati dal capitano Umberto Rivetti, intanto da ieri dovrebbe essere anche sul tavolo del ministero dell’Ambiente (direzione generale per le Valutazioni ambientali e Divisione IV - Rischio rilevante), dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dell’Arpa Sardegna, del prefetto di Sassari, dei sindaci di Sassari e Porto Torrers, dell’Asl (Dipartimento di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro), della Regione e della Provincia.

I controlli. I carabinieri del Noe sono entrati a Fiume Santo in due occasioni: il 30 luglio e il 7 agosto, su incarico dell’Autorità giudiziaria.

Parco carbone. Nel deposito all’aperto, i militari hanno trovato un accumulo notevole di combustibile e di biomassa Pks (gusci frantumati dei frutti della palma da olio con il legno cippato, utilizzato per la co-combustione dei gruppi 3 e 4). In presenza di vento debole , veniva rilevata l’esistenza in atmosfera di polverosità diffusa di carbone che si distribuiva in tutta l’area a causa delle folate. L’acqua spruzzata dagli irroratori (sistemati lungo il perimetro dei cumuli di carbone e biomasse) anzichè bagnare il combustibile (la gittata era troppo alta) veniva spinta in un’altra direzione. La prescrizione, quindi, non veniva rispettata. Altri irroratori - secondo quanto accertato dal Noe - posizionati nel “lato mare” - non erano stati attivati.

Acque a mare. Situazione critica anche per le acque scaricate a mare. Uno sei settori più delicati. Nell’esaminare l’impianto di depurazione delle acque reflue dello stabilimento, costituito dalla sezione di trattamento delle acque acide alcaline, di quelle oleose e sanitarie, degli spurghi di desolforazione e ammoniacali - pur regolarmente funzionante - i carabinieri del Noe hanno scoperto che le analisi chimico fisiche e batteriologiche delle acque reflue scaricate a mare (nel periodo gennaio 2011-giugno 2013), presentavano parametri di boro, cloruri e solfati «sempre fuori norma» rispetto ai limiti imposti dalla normativa vigente. Due anni di scarichi in mare irregolari, dunque, senza che nessuno sia mai intervenuto per bloccare l’inquinamento.

Gruppi 1 e 2. Nelle due ispezioni a Fiume Santo, i carabinieri avevano scoperto che i gruppi 1 e 2 erano praticamente fermi, potevano marciare fino al 31 dicembre 2013 per la deroga di 700 ore di funzionamento concessa dalla Prefettura. L’ultimo funzionamento risaliva al 28 giugno (gruppo 1) e 22 luglio (per il 2). Da un esame approfondito in sala controllo, emergeva che gli impianti - una volta in marcia - dovevano essere mantenuti in “derating termico”, con una riduzione della capacità tecnica gestionale. Rilevate anche diverse perdite in alcuni collettori e i riscaldatori aria-vapore (Rav) erano in avaria, «anche se nella sala controllo non venivano segnalate avarie». In cattive condizioni la linea di alimentazione dell’idrogeno , mentre gli strumenti segnalavano «solo la pressione dell’idrogeno e la purezza all’avviamento dell’alternatore». Problemi anche nella pavimentazione della zona riscaldatori, e nei solai (gruppo 2).

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