La Nuova Sardegna

Sassari

Vertice sulla Blue tongue: priorità alla prevenzione

di Emidio Muroni
Vertice sulla Blue tongue: priorità alla prevenzione

Bonorva, gli esperti dell’Asl hanno ribadito l’importanza delle vaccinazioni Ma la lotta diretta alla malattia passa anche per la bonifica delle aziende

13 ottobre 2013
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BONORVA. L’incontro che si è tenuto nella sala consiliare del comune, fra gli esperti e tecnici della facoltà di veterinaria, dell'istituto Zooprofilattico, dell’Asl e dell'Ara, pur non dando certezze assolute, è servito a chiarire agli allevatori molti dubbi su come affrontare la situazione epidemiologica che, da diverso tempo, sta interessando numerose aziende ovi-caprine e bovine che subiscono gravissimi danni, sul piano operativo ed economico, per l’estendersi dell’emergenza dovuta alla febbre catarrale degli ovini (blue tongue). L’argomento è stato introdotto dall’assessore comunale all’agricoltura, Giuseppe Ghisu che, dopo aver ringraziato i tecnici, gli esperti presenti e i rappresentanti della Confederazione Italiana Agricoltura, con il direttore Fabio Chessa e il presidente Giovanni Canu, ha lamentato l’assenza di diversi allevatori che pure avevano più volte denunciato le difficoltà da affrontare. «L’incontro è stato organizzato in collaborazione con gli enti preposti – ha osservato Ghisu – per concordare un’azione che dovrà essere non solo di cura ma anche di prevenzione». La situazione epidemiologica, i tempi, e le varie vicende legate al diffondersi della Blue Tongue, sono state illustrate da Daniela Marongiu e Sergio Masala, dell’Asl di Sassari, che ha coordinato i lavori, da Giantonella Puggioni, dell’Istituito Zooprofilattico sperimentale di Sassari e da Giovani Petretto, dell’Associazione regionale allevatori. È stato illustrato, con l’aiuto d’immagini, l’iter seguito dal virus Btv (Blue Tongue). Un virus che si trasmette all’animale con la puntura dei moscerini del genere Culicoides che infettano gli animali e generano la trasmissione della malattia. Gli allevatori conoscono e sintomi, da cui derivano per gli animali le ulcere buccali e naso-labiali, cianosi ed edema delle mucose buccali ed emorragie delle zampe e ne aumentano la mortalità. I primi casi si manifestarono nel 2000 nel sud dell’isola e si cercò di porvi rimedio con vaccinazioni che, gli stessi esperti l’hanno riconosciuto, non hanno sortito gli effetti desiderati. Il tentativo però ha lasciato l’amaro in bocca agli allevatori che ora guardano con diffidenza all’uso dei nuovi “vaccini inattivati”, utilizzati dal 2009, che invece pare diano garanzia di successo. Per ottenere risultati migliori, ha osservato Sergio Masala, è necessaria la stretta collaborazione con gli operatori aziendali, per una profilassi diretta che unisca l’intervento di risanamento sulla struttura aziendale, (ad esempio con l’eliminazione delle zone acquitrinose e, nelle ore notturne, la stabulazione in luoghi chiusi etc.), alla vaccinazione con i vaccini inattivati. Un discorso di collaborazione che incontra non poche difficoltà da parte degli allevatori che dovrebbero impegnare nuove risorse in un’attività di recupero funzionale dell’azienda. A questo punto, ha suggerito qualche operatore, potrebbe intervenire la Regione con propri fondi, e sostituire l’attuale forma di assistenza a pioggia e ad animale eliminato, con una nuova, a carattere preventivo, per facilitare il recupero dell’agibilità igienico-sanitaria dell’azienda.

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