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Sassari

Task force per la revisione del Ppr, indaga la Procura

Task force per la revisione del Ppr, indaga la Procura

I magistrati cagliaritani vogliono vederci chiaro sull’assunzione a tempo determinato dei tecnici chiamati da Rassu e Cappellacci

14 settembre 2013
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di Mauro Lissia

CAGLIARI

La task force di ingegneri e tecnici precari impegnata nel lavoro di revisione del Piano paesaggistico regionale è al centro di un’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica. Ieri si è diffusa la notizia di un intervento della polizia giudiziaria negli uffici dell’urbanistica, dove sarebbero stati acquisiti atti e documenti.

Per ora non c’è alcuna conferma ufficiale, mentre è certo che l’indagine esiste e che riguarda l’attività svolta dal gruppo inquadrato nel progetto Scus, in parte dirottato sulle modifiche al Ppr. Il riserbo imposto all’iniziativa penale impedisce di sapere su quale ipotesi di reato sia fondata l’inchiesta, per ora contro ignoti. Ad accendere l’interesse della Procura sarebbe stata la scelta del governatore Ugo Cappellacci e dell’assessore all’urbanistica Nicola Rassu di sollevare i funzionari in organico della Regione dall’impegno sul Ppr per affidarlo a personale esterno. In una recente intervista alla Nuova Sardegna l’assessore Rassu ha sostenuto che la trentina di ingegneri e tecnici del progetto Scus sono stati assunti con contratti a termine già nel 2004 con l’amministrazione Soru e che non lavorano alla revisione del Ppr. Alla Nuova risulta che sia vero solo in parte: alcuni sono in servizio da allora, altri sono stati ingaggiati negli anni successivi dall’assessorato, durante la gestione Cappellacci. A questo punto sarà comunque la Procura ad accertare come stanno le cose e a verificare se tutto sia legittimo. I tempi stringono: Cappellacci ha ribadito più volte che la Regione avrebbe consegnato il nuovo Ppr al ministero dei Beni culturali il 15 settembre, quindi domani. Ma non è chiaro se il lavoro sia arrivato a conclusione e neppure chi l’abbia fatto, considerato che Rassu ha chiamato fuori i precari. Ha cercato di informarsi anche il consigliere regionale Mario Bruno (Pd), ma gli uffici dell’urbanistica gli hanno negato il diritto di consultare gli atti: mancherebbe - questa la risposta - l’autorizzazione del Mibac a rendere pubblica la corrispondenza tecnica con la Regione. Una risposta imbarazzante: nessun atto elaborato da un’amministrazione pubblica può essere tenuto segreto, meno che mai per un consigliere regionale. Bruno non demorde: «Ho chiesto alla presidente del consiglio Claudia Lombardo di intervenire, finora però non ho potuto vedere nulla».

Ma torniamo all’inchiesta giudiziaria. La task force di Cappellacci è costata soltanto nell’ultima fase dell’amministrazione di centrodestra una cifra vicina ai 700mila euro. Nessuno dei tecnici precari ha superato una selezione, tutti sono stati reclutati in base a criteri sconosciuti, si parla di rapporti di parentela con politici e dirigenti regionali e soprattutto resta privo di una risposta il quesito centrale: il lavoro che svolgono poteva essere affidato agli uffici o si tratta di un impegno straordinario che giustifica l’assunzione di personale esterno? E come può essere spiegata la presenza, nel gruppo dei precari, di tecnici sotto contratto a termine in qualche caso da quindici anni, contratti rinnovati anno dopo anno in barba a chi ha partecipato ai concorsi interni, rimasti al palo e scavalcati da colleghi, in parte scelti dalla politica? A queste domande dovrà dare risposta la Procura, che intende approfondire ogni aspetto di una vicenda che si sovrappone a quella di cui è protagonista il direttore generale della pianificazione urbanistica Marco Melis, referente della task force: il dirigente è stato rinviato a giudizio immediato - udienza il 16 ottobre - per tentata truffa aggravata ai danni della Regione e falso in atti pubblici insieme ad altri due dirigenti per aver disposto il pagamento di incentivi al personale impegnato sul nuovo Ppr senza che nessuno avesse in realtà lavorato.

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