La Nuova Sardegna

Sassari

Fuga di acido cloridrico alla centrale di Fiume Santo

di Pinuccio Saba
Fuga di acido cloridrico alla centrale di Fiume Santo

Cede un serbatoio, ma i muri di contenimento evitano danni alle persone È il quarto incidente in 20 mesi nella centrale

03 novembre 2012
4 MINUTI DI LETTURA





di Pinuccio Saba

PORTO TORRES

Quarto incidente con tanto di evacuazione degli impianti, in poco più di venti mesi, all’interno della termocentrale di Fiume Santo. Incidente che solo per caso non si è trasformato in tragedia. Da un piccolo serbatoio è infatti fuoriuscito acido cloridrico ma, fortunatamente il serbatoio è situato all’interno dei gruppi di produzione 3 e 4 e il personale opera al riparo di mura di contenimento.

L’allarme. L’incidente è accaduto ieri pomeriggio mentre si stava procedendo al riempimento del serbatoio dell’acido cloridrico che viene utilizzato per il trattamento delle acque prima che queste vengano immesse nelle caldaie. Gli addetti all’operazione si sono accorti che c’era qualcosa che non quadrava e a quel punto avevano deciso di sospendere l’operazione ma proprio in quel momento il serbatoio ha ceduto scaricando l’acido cloridrico nelle vasche di recupero circondate dai muri di contenimento. L’allarme è scattato immediatamente e, come prevede la procedura per la messa in sicurezza degli impianti, il personale è stato fatto evacuare dalla termocentrale. Al cui interno sono rimaste solo le squadre di sicurezza e i tecnici che hanno provveduto a stabilizzare l’acido cloridrico e ad asportarlo dalle vasche di recupero. Nel tardo pomeriggio l’allarme era rientrato e il personale in turno è rientrato al lavoro.

Tossicità. L’incidente di ieri, se si fosse verificato in un altra zona della termocentrale, soprattutto all’aperto, avrebbe potuto avere serie conseguenze visto che l’acido cloridrico è altamente tossico. Il cloro, è bene ricordarlo, è alla base di molti insetticidi e del ben più pericoloso gas nervino. Tanto che il piano di emergenza dello stabilimento petrolchimico dell’Eni (dove solo fino a qualche anno fa era in marcia il cracking) prevedeva anche l’evacuazione di Porto Torres nel caso di una fuga di cloro e della successiva formazione di una nube tossica. Stavolta il caso ha voluto che l’incidente si sia verificato al coperto, ma proprio quest’ennesimo incidente conferma l’allarme lanciato nei mesi scorsi dalle organizzazioni sindacali sui potenziali pericoli dovuti alla diminuzione degli investimenti nelle manutenzioni. «E.On continua a parlare di razionalizzazione delle risorse (cioè tagli al personale) ma non intende investire per la sicurezza degli impianti, a tutela dei lavoratori e dell’ambiente – sottolinea il segretario della Uilcem Franco Peana – . Stavolta l’incidente si è verificato negli impianti nuovi (se così si può dire dei gruppi 3 e 4 che sono in marcia da più di vent’anni), non oso pensare cosa potrebbe accadere dall’altra parte della centrale». Per altra parte Peana intende i gruppi 1 e 2, che bruciano olio combustibile e che continuano a marciare in deroga alle norme per la tutela ambientale.

I precedenti. Proprio all’interno dei gruppi 1 e 2 si era verificato un incidente che poteva avere tragiche conseguenze: una grata era stata “sparata” da una fuoriuscita di vapore ad alta pressione ed era finita all’interno del cantiere di una delle imprese esterne che si occupano della manutenzione. Ma quello è stato solo uno degli incidenti che si sono verificati a Fiume Santo. Ad agosto una perdita di fanghi, finita nel tratto di mare antistante la centrale. In quell’occasione E.On aveva smentito l’incidente e aveva parlato di fango argilloso portato a mare dalle piogge. Ben più serio l’incidente accaduto il 19 luglio del 2011 quando, in seguito all’eplosione di una valvola, quattro operai vennero investiti da una nube di cenere mentre veniva stoccata nei silos. Ma l’incidente più grave è accaduto nella notte fra il 10 e l’11 gennaio del 2011, quando da una condotta fuoriuscirono 50 tonnellate di olio combustibile che si sparsero nell’intero Golfo, dall’Asinara a Santa Teresa Gallura, alla Maddalena.

Sicurezza. «Ci meravigliamo della precisione dei tedeschi in Europa ma qui fanno quello che vogliono – aggiunge Franco Peana –. A questo punto E.On non può più tirarsi indietro. C’è da ammodernare tutti gli impianti, mettere in sicurezza quelli che ormai marciano da migliaia di ore perché non si possono mettere rischio i lavoratori. Senza dimenticare, poi, la tutela dell’ambiente. Ma E.On continua a fare quello che vuole e questo nella totale indifferenza della nostra classe politica, degli amministratori locali e regionali. Cosa aspettano? Che anche a Fiume Santo ci scappi il morto? La situazione in centrale non è delle migliori e la soluzione può arrivare solo se il problema viene affrontato dalle massime istituzioni locali, regionali e nazionali».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative