La Nuova Sardegna

Sassari

Appello contro Halloween, ritorniamo a “sos mortos”

Appello contro Halloween, ritorniamo a “sos mortos”

I genitori dovrebbero spiegare ai bambini il senso di una tradizione che in Sardegna ha radici profonde. Rispolveriamo il rito della “federa”

25 ottobre 2012
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A sos mortos. Faccio un appello. Ne ho firmati tanti, partendo dal principio che se uno, in democrazia, fa un appello una ragione ce l'avrà. Negli anni di piombo il compianto Antonello Satta aveva lanciato contro i “firmaioli” una battuta che diceva (scherzando su un trucido slogan mussoliniano) “Chi si firma è perduto”. Il mio appello è contro le zucche e le maschere. Le zucche e le maschere con cui anche noi, popolo austero e orgoglioso, permettiamo ai bambini di celebrare la Notte dei Defunti sotto il nome poco sardo (e poco italiano) di Halloween e di imbastirci sopra rozze mascherate e cortei di zucche alla Charlie Brown. Un tempo si usciva per la strade del paesino gallurese a bussare alle porte chiedendo “Li molti e molti”, la piccola elemosina in ricordo dei morti di casa che andava a riempire le nostre federe di mandorle, fichi secchi e poco altro. Altrettanto si faceva in tutti gli altri paesi della Sardegna. Questo Halloween ce lo ha portato, con tante altre cretinate, la civiltà (americana) dei consumi. Faccio appello perché i genitori spieghino ai bambini, anzi gli insegnino, che cosa sono “sos mortos”: gli diano una federa pulita e li mandino per strada a bussare alle porte dei vicini. Forse sarà la prima volta che li vedranno in faccia, in questa società di sconosciuti: e pazienza se per questa volta non avranno né dolcetti né scherzetti.

Vado cercando l'ombra. Questa è una richiesta che mi viene da Tore Patatu, autore di un libro dal titolo indimenticabile : “Menzu sorighe che comunista”, apodittica affermazione del parroco della sua infanzia. A proposito della richiesta: Patatu ricorda che quando venne a Sassari per certi esami, nel zilleri che stava di fronte a casa sua, in via dell'Insinuazione, i clienti, quando si erano un po' scaldati con l'abbadu, cantavano una canzone in italiano: ma un italiano fatto tutto sassarese. I versi centrali dicevano “Vado cercando l'ombra", storia forse di un tradimento, o di un delitto e del conseguente pentimento. Ora Tore ha ricostruito il testo, tre quartine che dicono: "La primavera viene, / caldo comincia a fare. / Vado cercando l'ombra, / non la posso trovare. / Tutti me lo dicevano / che avevi un altro amante. / O meschinello misero, / credevo nei tuoi pianti. / Sei bella quando ridi, / sei bella quando piangi. / Solleva gli occhi, guardami, / ricorda il nome mio". Cerchiamo notizie: da dove viene, di che cosa parla, com'è arrivata dalle nostre parti.

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