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Sassari

Severino: «Il carcere di Bancali aprirà in autunno»

Severino: «Il carcere di Bancali aprirà in autunno»

Sassari, rassicurazioni del Guardasigilli: «Non arriveranno altri detenuti dalla penisola». Nessuna anticipazione sui 41 bis Il penitenziario di via Roma sarà chiuso entro l'anno 

20 maggio 2012
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SASSARI. «Non si può accelerare, accelerare? Aprire il carcere subito e poi completare la sezione per il 41bis?». Davanti al ministro della Giustizia Paola Severino in visita alle carceri sassaresi - il vecchio e quello ancora da venire - c’è l’edificio grezzo a un piano per mafiosi e terroristi. Manca solo quello al nuovo istituto di Bancali, come nota lei stessa con tono rinfrancato. «Qui è meglio che a Uta, anche se i lavori sono iniziati dopo», commenta rivolgendosi al capo dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino, e al responsabile del cantiere che le fa da cicerone. Una delle tappe fondamentali del tour in Sardegna la fa qui, nel cantiere ancora in disordine in mezzo alla campagna sassarese dove sorge il complesso che decreterà la fine di San Sebastiano, galera-vergogna d’Italia. L’apertura è fissata per la fine di ottobre. Lei avrebbe voluto «accelerare, accelerare», anticipare a fine estate. Solo che mancano gli allacci alle fogne e alla rete idrica, le soglie esterne e qualche arredo. Questione di settimane. Fosse per lei, di giorni: «Dalla prossima settimana inizio a chiamarla per metterle fretta, eh», scherza con l’ingegnere. Ma, assicura, nelle nuove carceri sarde «dalla penisola non saranno trasferiti detenuti: sarebbe assurdo riempirli in modo straripante. Ci sono 1.100 posti in più in Italia». Non lo dice, ma è diverso il discorso per i reclusi al 41bis.

Per il resto, il Guardasigilli dispensa buone nuove, parla ai giornalisti con tono conciliante nonostante lo sconcerto per lo scempio di Brindisi, la strage della quale s’informa, al telefono, anche durante una cerimonia a San Sebastiano con le autorità cittadine. È pacata quando tenta di spegnere l’incendio scatenato dall’idea di sperimentare all’Asinara un carcere “ecologico”: «Qualsiasi progetto sarà realizzato solo con il consenso del territorio. Intendo rispettare la volontà di chi abita qui. E se faccio un sopralluogo, sarà solo per andare a visitare un posto bellissimo dove Falcone e Borsellino si rinchiusero per preparare il maxi-processo». Il sindaco Gianfranco Ganau sembra sollevato. Aveva opposto un categorico non se ne parla nemmeno all’idea ventilata venerdì di un isolotto-penitenziario in versione light. «Abbiamo già dato con le carceri, ora arrivino i soldi per il Parco»

San Sebastiano. Nel penitenziario cittadino Paola Severino arriva alle 18.30, dopo Bancali. E assaggia quanto i reclusi vivono ogni giorno. Incontra personalmente le detenute alla presentazione del libro realizzato dall’associazione Festina Lente - presidente, la garante dei detenuti Cecilia Sechi - con foto d’epoca dei sassaresi, selezionate dalle ospiti della sezione femminile.

Prima della cerimonia, visita le sezioni, passa in rassegna celle dove ormai la branda a tre piani è quasi la norma. Alla fine resta colpita dalla «umanità» che ha respirato lì dentro, «la buona volontà di tutti». «Ho trovato una certa pulizia - racconta ai giornalisti - e una grande dignità». Ha incontrato pure i detenuti che partecipano a un corso per imparare a digitalizzare documenti storici, come stanno facendo ora con quelli sui penitenziari d’Italia. «Nonostante ci siano pochi mezzi, c’è tanta buona volontà ed entusiasmo. Il reinserimento dei detenuti nella società è la cosa più importante». Ma il carcere resta sovraffollato, 220 detenuti su 170 regolamentari. «L’ho constatato, ma sono venuta qui proprio per dare un segnale forte per l’apertura del nuovo carcere».

Il saluto. Prima della cerimonia, il ricordo. Il direttore dell’istituto Francesco D’Anselmo chiede un minuto di silenzio per la bomba davanti alla scuola Morvillo-Borsellino. Poi la Severino riceve una copia del libro dalle mani di due detenute. Emozionatissima, Antonella nel porgerglielo confida: «È una piccola cosa, ma noi abbiamo bisogno di uscire almeno con mente..». E il ministro: «In realtà è una piccola grande cosa, ripartiamo da questi progetti per costruire ponti tra carcere e società». E «creare l’utile cittadino» del quale D’Anselmo ama parlare.

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