La Nuova Sardegna

La sfida della ricerca: ecco trentasei milioni 

La sfida della ricerca: ecco trentasei milioni 

L’assessore Paci: «È qui il nostro futuro». I progetti nella miniera di Lula, nel Sulcis e nelle Università

10 giugno 2017
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CAGLIARI. La ricerca scientifica è comunque un cantiere e, con un azzardo, si potrebbe scrivere che fa parte dei cosiddetti lavori pubblici immateriali. Perché molto spesso è difficile da toccare con mano e quasi anche impossibile da vedere a occhio nudo. Sì, è un bene immateriale, ma «senza la ricerca non ci può essere futuro». L’ha detto il governatore Francesco Pigliaru, nell’annunciare che «trenta milioni del Patto per la Sardegna abbiamo deciso di investirli proprio nella ricerca di base, utilissima per aumentare la conoscenza, e in quella applicata collegata a progetti ben precisi e alle imprese. In più ci sono altri sei milioni e mezzo messi a disposizione dalla legge regionale che porta il nome del professor Gianluigi Gessa, un luminare in questo campo».

La scelta. Fino al 2019, scadenza della legislatura, la Regione ha deciso: punterà buona parte delle risorse nazionali ed europee sull’innovazione e sulla tecnologia. «Dobbiamo dare più forza economica e soprattutto competitività alle nostre università. Dobbiamo attrarre capitali stranieri e sostenere quei progetti in cui la spinta iniziale è scatenata da una nuova concezione di sviluppo sostenibile», ha ribadito il presidente.

I progetti. Nel pacchetto c’è molto e a mettere insieme l’elenco delle cose da fare e con chi farle è stato l’assessore alla programmazione Raffaele Paci. «Per fra crescere il nostro capitale umano – ha detto – abbiamo scelto una strategia a largo raggio in cui abbiamo coinvolto è ovvio i centri di ricerca ma anche le zone interne e questa è un’altra delle strade che abbiamo a disposizione per combatte lo spopolamento». Ad esempio a Lula, dove con un milione di euro saranno finanziati gli studi dell’Istituto nazionale di Fisica sulle sempre meno misteriose onde gravitazionali presenti nell’ex miniera di Sos Enattos. Oppure nel Sulcis, dove la Sotacarbo vuole catturare l’anidride carbonica del carbone ed è un progetto che interessa molto i cinesi. Sempre nella stessa zona la Carbosulcis potrà continuare invece a dare la caccia a un gas nobile: l’argon, potenziale ricchezza da far fruttare.

Le Università. C’è dell’altro: la facoltà di veterinaria, a Sassari, potrà contare su due milioni per scoprire i vaccini contro le più diffuse malattie animali, a cominciare dalla peste suina che la Sardegna vuole debellare. Mentre la facoltà di agraria, ancora a Sassari, potrà sperimentare le nuove frontiere dell’agricoltura innovativa e di precisione. Altri finanziamenti sono stati assegnati al Crs4 di Pula per l’automazione in sanità e l’alta tecnologia, in cui i partner sono i colossi cinesi Huawei, Zte e l’italiana Inpeco.

Trattenere i geni. Una parte del pacchetto è stato riservato alle università per rendere ancora più fitta la rete della ricerca, con l’obiettivo anche di evitare la fuga dei cervelli. «Vorremmo che i nostri ricercatori rimanessero dove hanno studiato, nelle università sarde. Dobbiamo riuscire a trattenerli, a dar loro una prospettiva e soprattutto impegnarli a far crescere l’economia. Allo stesso tempo, vogliamo che presto la Sardegna sia conosciuta e riconosciuta come un diffuso laboratorio scientifico, per questo sono o importanti le collaborazioni internazionali e con le medie e grandi imprese», ha sottolineato l’assessore Paci. Senza neanche mai dimenticare che la ricerca sarà un bene immateriale, ma «genera comunque e sempre posti di lavoro persino dove meno te lo aspetti».

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