La Nuova Sardegna

Abusi, chiesti 10 anni per l’ex parroco 

di Mauro Lissia
Abusi, chiesti 10 anni per l’ex parroco 

Per l’accusa don Pascal Manca non è infermo di mente, violenze sessuali sui ragazzi anche prima di assumere farmaci

02 giugno 2017
2 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Gli abusi sessuali sono accertati, le giovani vittime sono quattro, è vero che l’ex parroco di Mandas e Villamar assumeva farmaci con effetti sedativo-ipnotici che alimentavano artificialmente la libido ma è vero anche che le violenze sono cominciate nel 2010, due anni prima che l’imputato cominciasse la terapia. Per queste ragioni, esposte in una requisitoria di un’ora e mezzo, il pm Liliana Ledda ha chiesto al gup Ermengarda Ferrarese che a don Pascal Manca non sia riconosciuto il parziale vizio di mente diagnosticato dai periti del tribunale e gli venga inflitta le pena massima ridotta di un terzo per il beneficio del rito abbreviato. Colpevole di violenza sessuale su minorenni, per l’accusa l’ex parroco dev’essere condannato a dieci anni di carcere.
Alle richieste del pm si sono associati i patroni di parte civile, gli avvocati Roberto Nati, Giovanni Cocco e Tiziana Sinis. I difensori Luigi e Pierluigi Concas hanno sostenuto che uno dei quattro episodi contestati venga rivalutato perché si tratterebbe di una violenza non consumata ma solo tentata, circostanza che imporrebbe una riduzione della pena. Mentre sullo stato mentale dell’imputato e sulla richiesta del pm di ignorare l’esito della perizia psichiatrica i due legali si sono riservati una replica per l’udienza finale, quella del 22 giugno, quando il giudice emetterà la sentenza. Replica importante, in cui gli avvocati della difesa sosterranno che il giudice non può smentire le risultanze di una consulenza medica. E’ un punto centrale della vicenda giudiziaria, che con ogni probabilità verrà riproposto nei gradi successivi del giudizio, quale che sia la decisione del gup Ferrarese.
Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata a suo tempo dal gip Mauro Grandesso il sacerdote quarantaquattrenne viene definito «incapace di controllare i propri impulsi sessuali». Impulsi che a leggere gli atti del procedimento, sui quali è tornato ieri il pm Ledda, sfogava sempre nello stesso modo: invitava a casa le sue vittime, invariabilmente offriva coca cola, aranciata o chinotto («l’acqua ho dimenticato di comprarla..») perché il gusto mascherava l’amaro del sedativo che usava per ridurre i ragazzi all’incoscienza. Infine si sedeva al loro fianco sul divano e il resto è facile da immaginare e difficile da raccontare. A leggere i verbali delle testimonianze si va dalle mani infilate sotto la maglietta, qualche volta con la scusa di spalmare un lenitivo. Fino ai jeans sbottonati per andare al di là delle semplici coccole paterne. Spesso i ragazzi non capivano, altre volte se la svignavano con un pretesto prima che le cose prendessero una piega sgradevole. Circostanze dapprima sussurrate nei paesi dove il parroco diceva Messa, successivamente denunciate e confermate da chi ne è rimasto vittima.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative