La Nuova Sardegna

Lavora 16 milioni di litri di latte, metà del mercato in America

La Lait è una grossa realtà dell’economia ittirese e impiega quarantadue lavoratori del posto, tra fissi e stagionali. Si tratta di una cooperativa lattiero casearia che raccoglie il latte da un...

21 maggio 2017
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La Lait è una grossa realtà dell’economia ittirese e impiega quarantadue lavoratori del posto, tra fissi e stagionali. Si tratta di una cooperativa lattiero casearia che raccoglie il latte da un vasto bacino (in cui Ittiri è addirittura minoritaria) che va da Uri a Padria, da San Martino alla Nurra sino a estendersi persino a Stintino. Spiega il presidente Giuseppe Sechi: «Siamo arrivati a lavorare sedici milioni di litri annui di latte, il 95 per cento del quale lo trasformiamo in pecorino romano. La metà è venduta tra Usa (in maggioranza) e Canada, l'altra a grosse aziende del nord Italia, che lo trasformano in formaggio grattugiato o in minor misura lo vendono a spicchi. Solo una piccola fetta è consumato nell'isola. Il restante cinque per cento della produzione di latte diventa formaggio semi- stagionato sul mercato nazionale».

La Lait esiste dal 1959, frutto dell'unione tra due cooperative, la San Pasquale (quella ricca, espressione del mondo padronale) e la Economica (che, come rivela anche il nome, era la coop dei pastori). Sino al 1991 la Lait occupava il vecchio stabilimento di San Giovanni, poi lo spostamento nella sede attuale nella zona di Camedda, qualche centinaio di metri dopo il campo sportivo. «Dopo la fusione – racconta Sechi – fu una crescita continua. Si partì da una lavorazione di 2 milioni di litri di latte, oggi sono otto volte tanto. Stiamo cercando di razionalizzare le spese con l'ottimizzazione del lavoro, abbiamo investito in tecnologia, rinnovando i macchinari grazie ai bandi Por e poi Psr. Lo stabilimento è così nuovissimo e possiamo utilizzare la stessa quantità di personale di quando lavoravamo 8 milioni di litri. Ma non ci fermiamo e ci adeguiamo sempre alle certificazioni richieste dai mercati». Investire ora è però più difficile: «Il guaio è che il latte oggi è sui 50 centesimi – dice Sechi – e questo sta provocando gravi problematiche al mondo agropastorale: chiaro che così non si può continuare. Ma per fortuna il mercato sta dando qualche segnale di ripresa. Quest'anno c'è un calo di produzione del latte, a causa della situazione climatica dell’annata, ma anche per via delle quote fisse. E il mercato sta cominciando a recepire che vi sarà meno produzione e il prezzo dovrebbe così essere più alto». Sechi afferma che «deve esserci una sinergia, le tre componenti del settore (allevatori, trasformatori e venditori) non devono procedere ognuna per conto proprio, ma di pari passo. E la produzione deve essere legata al mercato». (a.palm)

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