La Nuova Sardegna

Giallo dopo il funerale a Sassari: la bimba sepolta non è loro

di Nadia Cossu
Giallo dopo il funerale a Sassari: la bimba sepolta non è loro

A distanza di 6 mesi l’ospedale chiama i genitori per andare a prendere il feto

20 maggio 2017
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SASSARI. Ricorda ancora molto bene quel terribile 4 novembre dello scorso anno quando, sopraffatta da un dolore «difficilmente spiegabile», aveva accompagnato in cimitero la sua bambina partorita senza vita alla diciottesima settimana di gravidanza. Sorretta dal marito che, come lei, allora e nei giorni a seguire ha versato fiumi di lacrime. «E proprio quando ci stavamo riprendendo da questo grande dolore riceviamo la lettera dell’ospedale civile...». Il testo li lascia sbigottiti, a dir poco: «Dovete ritirare il feto conservato nella cella frigo della camera mortuaria».

«Quale feto? – si chiedono immediatamente – Abbiamo già seppellito sei mesi fa la nostra bambina. Di chi parlano?». Da lì la decisione di rivolgersi alla magistratura.

È una storia a dir poco assurda quella che in questi giorni sta vivendo una coppia di giovani coniugi sassaresi (lui 45 anni, lei 33), tanto da decidere di rivolgersi all’avvocato Angela Crovetti e presentare un esposto in Procura per cercare di trovare la risposta a una domanda che li sta tormentando giorno e notte: «Chi abbiamo pianto in cimitero da novembre a oggi? Chi c’è dentro quella piccola bara bianca sopra la quale abbiamo versato così tante lacrime?».

Tutto ha inizio qualche giorno fa quando marito e moglie si vedono recapitare a casa una raccomandata «nella quale ci veniva detto – spiega lei ancora incredula – che la direzione medica dell’ospedale Santissima Annunziata aveva comunicato al Policlinico, dove io sono stata seguita durante la gravidanza, di avere ancora nelle celle frigo della loro camera mortuaria i resti del feto che avevo partorito senza vita a ottobre del 2016 in seguito a un aborto spontaneo». Lo stesso feto di cui i due coniugi, molto religiosi, avevano chiesto la “restituzione” il 29 ottobre scorso per poter «provvedere personalmente alle esequie e alla tumulazione».

Si erano rivolti a un’agenzia funebre alla quale il 4 novembre del 2016 l’ospedale Santissima Annunziata aveva consegnato il feto, insieme al certificato di chiusura feretro. La coppia, come previsto dalla normativa, non aveva potuto vedere la bambina, la piccola bara era già chiusa. Era stato quindi celebrato il funerale, poi la sepoltura nel cimitero di Sassari. Tutto regolare, alla presenza di un sacerdote «che ha impartito la benedizione, perché tenevamo in modo particolare a dare a nostra figlia una sepoltura cattolica».

Ma ecco, a distanza di sei mesi, arrivare la raccomandata per il ritiro del feto. Una richiesta «che ci veniva ribadita telefonicamente dal legale del Policlinico – raccontano loro – il quale ci riferiva delle lamentele ricevute da parte del Santissima Annunziata in quanto non eravamo ancora andati a ritirare il feto».

Da quel momento è calato il silenzio: «Nei giorni successivi e fino a oggi, malgrado le nostre insistenti richieste per capire quale sia stata la sorte della nostra bambina, l’ospedale civile di Sassari non ha fornito alcuna risposta o spiegazione per quanto accaduto. Temiamo seriamente che il piccolo cadavere di nostra figlia possa essere stato distrutto, soppresso o sottratto, considerato che non abbiamo più alcuna certezza su cosa ci sia all’interno della bara e se il corpicino di cui parla l’ospedale sia davvero quello della nostra bambina». Da qui la necessità, l’urgenza, di fare chiarezza sulla vicenda attraverso l’esposto depositato negli uffici della Procura della Repubblica.

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