La Nuova Sardegna

Deiana, Soddu e Zedda: un errore il Cpr a Iglesias

di Antonello Palmas

I rappresentanti degli enti locali: premialità per le comunità, l’isola ha già dato «Si pensi a un modello sardo di micro-accoglienza diffusa e con numeri ridotti»

19 maggio 2017
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IGLESIAS. Privilegiare un modello diffuso nel territorio di micro-accoglienza per i migranti e pensare a delle premialità per i territori già penalizzati come quelli sardi che ospitano chi scappa da guerra e fame. È quanto scrivono a Francesco Pigliaru, presidente della giunta sarda, Emiliano Deiana (presidente Anci regionale), Andrea Soddu (presidente Cal regionale) e Massimo Zedda (sindaco metropolitano di Cagliari), in merito all’intenzione del ministero dell’Interno di aprire un Cpr, Centro per il rimpatrio dei migranti, nell’ex carcere di Iglesias. Ospiterebbe cento persone e la decisione della sua apertura sembra ineluttabile, anche se l’okay definitivo presuppone l'accordo con la Regione che può, nel mentre, proporre alternative e che ha chiesto al Viminale di convocare un vertice prima della scelta definitiva dopo la Conferenza con gli enti locali di qualche giorno fa nella quale sono stati posti dei paletti.

Deiana, Soddu e Zedda hanno fatto presente a Pigliaru che sono sempre stati impegnati «a promuovere un modello diffuso nel territorio di micro-accoglienza per i migranti, perché questo è l'unico sostenibile per una terra come la nostra, scarsamente popolata, in una crisi economica e sociale che appare senza fine, con una popolazione sempre più anziana e a tratti indifesa». Parlano così di un «modello sardo di accoglienza che preveda pochi numeri e diffusi nel territorio, anche rispettando i parametri dettati dalle norme nazionali econdo un principio di “vasi comunicanti” fra prima accoglienza e concessione dell’asilo».

Sottolineano la volontà di «combattere con forza contro gli “scivolamenti” di chiusura, di isolazionismo che talvolta – e sempre più spesso – si trasformano in istinti razzistici e segregazionisti», ma anche che il dovere dell’accoglienza «cui non ci siamo mai sottratti nè ci sottrarremo, cozza in maiera drammatica con una crisi economica e sociale che dura dal 2008». Per questo i tre chiedono a Pigliaru di «evitare una guerra tra poveri» e di «studiare un meccanismo di premialità su tutte le politiche di contrasto alle povertà e all’emarginazione, sugli interventi nei cantieri occupazione, che chiediamo vengano rilanciati a favore dei giovani sardi residenti nelle comunità che si impegnano nell’accoglienza dei migranti». Interventi che, si chiede, dovrebbero avere respiro almeno triennale.

Secondo gli scriventi, «il Cpr di Iglesias si innesterebbe in un quadro già pesantissimo per la Sardegna», tra servitù di ogni genere, invitando la Regione a spiegare bene a ministro e Governo l’incidenza per l’isola. L’invito è anche a «valutare il messaggio negativo che si lancerebbe alla pubblica opinione (che soffre di una realtà difficile e di una attività incessante di propaganda anti-migranti, per annullare la quale occorrerebbe impegnarsi con un percorso di conoscenza) nell’utilizzo di beni dismessi dallo Stato e che non sono mai tornati a servizio delle comunità nelle quali sono sorti». Logico pensare che l’uomo comune non creda che il Cpr si limiti a cento posti, o che resti l’unico, visti i precedenti che riguardano la Sardegna.

Si chiede quindi «allo Stato di fare lo Stato, al Governo di fare il Governo. Se il problema della Sardegna sono gli sbarchi di migranti dall’Algeria, si blocchino quegli sbarchi in un confronto serrato con quel Governo. Se il problema è la mancanza di forze di polizia in Sardegna per procedere alle traduzioni per i rimpatri, forse sarebbe più logico – in luogo di un Cpr – rafforzare gli organici e snellire le procedure relative agli allontanamenti e alle espulsioni». Al Governatore si chiede inoltre di farsi promotore presso Governo, Parlamento e Anac affinché vi sia la massima trasparenza nella gestione del fenomeno.

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