La Nuova Sardegna

Cinquanta richieste per gli Sprar

Cinquanta richieste per gli Sprar

Nove centri di accoglienza già finanziati, ma la lista sarà presto aggiornata

01 maggio 2017
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SASSARI. C’è chi pensa che possa essere un’opportunità ma c’è anche chi la vede come una giocata d’anticipo: chiedere l’apertura di un centro Sprar per evitare che venga assegnato d’ufficio un centro Cas.

Per capirci qualcosa è però necessario dare un senso alle sigle: gli Sprar fanno parte del Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati, quella che spesso viene definita “accoglienza di secondo livello”. Un’opzione riservata ai migranti che hanno già dimostrato di avere le carte in regola per ottenere ospitalità e protezione. I fondi necessari per la realizzazione sono a carico dello Stato per il 95%. Il Cas è invece il “centro di accoglienza straordinaria” che viene individuato dalle prefetture nei casi di necessità, cioè quando il numero delle persone sbarcate supera quello disponibile nelle rete di accoglienza ordinaria. È la prima fase dell’accoglienza e la permanenza dovrebbe essere limitata al tempo necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture di seconda accoglienza. Chi aderisce al bando Sprar, che scade il 5 maggio, ottiene una “clausola di salvaguardia” che è la garanzia che nello stesso comune non verranno aperti centri Cas. Il numero degli ospitati deve però rispettare i parametri nazionali di 2,5 ogni mille abitanti: se la quota fosse inferiore, la clausola di salvaguardia decaderebbe.

I centri nell’isola. Bonorva non è sola, anzi. Nel Sulcis, il comune di Villamassargia ha fatto da apripista con un’idea leggermente diversa da quella germogliata a Bonorva: nel centro del sud dell’isola è stato istituito il registro delle famiglie affidatarie, quelle che sono pronte ad accogliere un migrante minorenne. Anche Bosa ha dato l’assenso all’adesione al bando Sprar. Le richieste totali sono 50 mentre quelle già finanziate sono molte meno, appena 9 e le domande erano state presentate a febbraio. I primi sono stati quelli di Cagliari (progetto Emilio Lussu gestito dalla coop La Collina e dalla Provincia), di Villasimius (Progetto Terra dell’uomo gestito dal Gruppo umano solidarietà) e quello di Quartu Sant’Elena (progetto San Fulgenzio della Caritas). All’elenco si sono aggiunti i centri di Alghero, Capoterra, Iglesias, San Gavino, Sini e Uta oltre a Porto Torres che ha recentemente rifiutato l’apertura di un centro di accoglienza straordinaria. Adesso la lista attende di essere aggiornata ulteriormente.

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