La Nuova Sardegna

De Sario: «Mai arreso il futuro è con i miei figli»

di Enrico Carta
De Sario: «Mai arreso il futuro è con i miei figli»

Assolto dopo un lungo iter tra condanna e prigione: ora racconta il suo calvario Accusato dai ragazzi di essere un padre-orco. Ma poi entrambi hanno ritrattato

24 aprile 2017
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ORISTANO. Tre giorni appena. Sono pochi per capire e non bastano per elaborare. La fine e l’inizio si sfiorano ancora come linee non distinguibili di demarcazione tra un prima che ancora è lì e un dopo che ancora deve compiersi. Saverio De Sario è a Roma. Venerdì il 47enne di Abbasanta ha sentito pronunciare per la prima volta in diciassette anni la parola assoluzione. La condanna a undici anni e i tre anni e quattro mesi passati in carcere sono stati spazzati via dalla giustizia arrivata tardiva, ma infine giunta a destinazione. Era stato accusato di aver abusato dei due figli e loro stessi, costretti e plagiati dalla madre, avevano puntato il dito contro il padre. Loro stessi l’hanno tirato fuori dal carcere e dall’incubo, una volta che hanno varcato il confine tra adolescenza e maturità.

Ora per Saverio De Sario iniziano i giorni normali. «Sono momenti carichi di emozioni – racconta –. Sentire la presenza dei figli, dei familiari, di tutti i parenti, degli amici più stretti è qualcosa di eccezionale. È bello sentirsi amati». La sua è stata una situazione particolare. Una condanna da innocente è già una mostruosità, ma in questo caso non c’è stata solo la detenzione dietro le sbarre. «Essendo stato accusato di aver abusato dei miei figli Gabriele e Michele, loro sono stati allontanati da me. Sono stati in un istituto per minori e anche quando io ero ancora libero non ho più potuto vederli. Dieci anni. Non potevo avere loro notizie, mentre attendevo vanamente che il primo processo concludesse le sue fasi con l’assoluzione. Non conoscevo i loro volti, mi ero fermato a quelli di quando avevano dodici e nove anni e quei volti continuamente avevo nella mia mente». Poi è arrivato il giorno giusto. Saverio De Sario attendeva il processo di Cassazione, quando il figlio Gabriele ha compiuto diciotto anni. Liberatosi delle catene della minore età, è stato il più grande dei due ragazzi a fare il passo. «Mi ha contattato via Facebook ed è stato allora che ho avuto nuove speranze e che ho capito che non avevo perso per sempre anche i miei figli oltre alla fiducia nella giustizia».

Fiducia che per il momento è difficile da riacquistare nei confronti di un sistema di cui è stato assurdamente vittima. «Considero quello che mi è capitato come terrorismo giudiziario nato da una mancanza di professionalità, figlia non solo di quello che è accaduto nelle aule di giustizia. Non vado oltre nel mio giudizio su chi mi ha costretto a subire tutto questo», afferma in maniera pesante.

Dietro la vicenda aleggia uno spettro. È l’ombra inquietante dell’ex moglie di Saverio De Sario. È la persona che ha convinto i loro due figli a sporgere denuncia e che non potrà essere processata per la calunnia commessa perché nel frattempo il reato si è prescritto. Di lei, oggi che è innocente anche per la giustizia e non solo per se stesso dice: «Poco cambia che venga processata o meno», come se sarà la vita stessa a compiere quei passi che i tribunali non hanno mosso o hanno fatto in direzione sbagliata. «Alla fine è lei che ha subito la pena maggiore. Ha perso la relazione coi propri figli...e ha perso anche la loro stima».

Verbi ancora al passato che però proiettano verso il futuro al quale da venerdì Saverio De Sario può guardare in maniera diversa rispetto a quanto ha potuto fare negli ultimi diciassette anni, costretto a lottare contro un meccanismo che l’ha prima travolto e poi restituito alla normalità di una vita dove sono state scritte pagine che nulla hanno di normale. «Il domani? – si chiede, trovando immediatamente la risposta –. Il domani è con i miei figli. Abbiamo condiviso ogni istante nel bene e nel male. Si prova vera soddisfazione quando vedi che l’amore che hai per i tuoi figli è ricambiato da loro stessi. Per chi fortunatamente non vive situazioni assurde come la mia, l’amore dei figli è la quotidianità. Per me no, è qualcosa di molto più grande».

Qualcosa che ha sfondato le mura di un carcere, che ha sconfitto una sentenza ingiusta, che ha dato di nuovo un senso alla parola libertà. Desiderata e tenuta viva grazie «Alla consapevolezza della propria innocenza, alla fede in Dio e al sostegno dei propri cari. Così sono riuscito a non arrendermi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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