La Nuova Sardegna

«Stanca di lavorare gratis, ho detto basta»

Giusy Carta, logopedista nel centro sassarese: il 10 marzo ha presentato le dimissioni per giusta causa

05 aprile 2017
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SASSARI. Il 10 marzo ha chiuso una porta aperta 11 anni fa. Ha salutato i suoi pazienti ed è andata all’ispettorato del Lavoro di Sassari. Lì Giusy Carta, 41anni, logopedista, ha presentato le sue dimissioni, con decorrenza immediata, dall’Aias. «Ho chiesto che mi sia riconosciuta la giusta causa perché da mesi non ricevo lo stipendio, esattamente come tutti i miei colleghi sparpagliati nei diversi centri dell’isola. E la situazione era diventata insostenibile». Sino al mese scorso Giusy, separata, due bambine di 7 e 5 anni e mezzo, lavorava nel centro diurno di fiosoterapia e riabilitazione a Li Punti, alla periferia di Sassari. Tutti i giorni dalle 8 alle 17.30, con una pausa pranzo di un’ora scarsa, e il giovedì in trasferta in un altro centro che la famiglia Randazzo gestisce a Berchidda, con rientro a casa non prima delle 20: «Non ho saltato un giorno, sono sempre stata puntualissima, ho anticipato la benzina per tutti gli spostamenti in attesa di rimborsi che non arrivavano mai. E vedevo pochissimo le mie bambine, dovevo fare i salti mortali e chiedere aiuto per accompagnarle e andarle a riprendere a scuola. Ho chiesto più volte di ridurre le ore, niente da fare: mi sono ritrovata imprigionata di un full time in cui davo il massimo senza avere niente in cambio. Purtroppo da più un anno – continua Giusy – chi lavora all’Aias subisce una situazione di assoluta incertezza: non si sa né se né quanto né quando sarà pagato lo stipendio. Per questo si finisce per dipendere dagli altri. Ed è umiliante». All’appello, nel caso di Giusy, mancano cinque stipendi – tra importi non versati per intero e acconti del 50% –: «Sono più più fortunata della maggior parte dei miei colleghi perché l’anno scorso ho usufruito di 5 mesi di congedo straordinario e lo stipendio mi è stato pagato dall’Inps. Ma da novembre 2016, da quando sono rientrata, non ho visto più praticamente un euro». Giusy in questo periodo di enorme disagio è andata avanti «grazie all’aiuto dei miei genitori e del mio ex marito. Non so che fine avrei fatto senza di loro. Pagare l’affitto sarebbe stato impossibile. Ma a un certo punto ho detto basta. Ho poco più di 40 anni, ho studiato, il mio lavoro mi piace e lo so fare. Cercherò di ricominciare prima possibile». Il suo pensiero va a chi è in piazza a fare lo sciopero della fame e a chi si è visto recapitare una lettera di licenziamento. «I miei colleghi stanno provando in tutti i modi a fare valere i loro diritti – dice Giusy – . Io sono con loro, mi auguro che ottengano presto giustizia». (si. sa.)

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