La Nuova Sardegna

Legge urbanistica

di Claudio Zoccheddu

SASSARI. Undici anni dopo. Era il 5 settembre del 2006 quando la giunta regionale varava il Piano paesaggistico regionale, passato alla storia come lo strumento urbanistico che bloccava il cemento...

01 aprile 2017
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SASSARI. Undici anni dopo. Era il 5 settembre del 2006 quando la giunta regionale varava il Piano paesaggistico regionale, passato alla storia come lo strumento urbanistico che bloccava il cemento sulle coste. Una legge che aveva fatto discutere, nel bene e nel male.

Il 16 marzo 2017 è invece la data di nascita della Legge urbanistica della giunta Pigliaru che deve però superare l’ultimo ostacolo prima di diventare ufficialmente il capitolo successivo al Ppr al quale si affiancherà: l’approvazione del Consiglio regionale. Tra il Ppr e la Legge urbanistica c’è un breve ma intenso elenco di leggi, e di tentativi legislativi, non sempre fortunati.

La storia. A varare una legge urbanistica ci aveva provato il padre del Ppr, Renato Soru, ma era stato azzoppato dal fuoco amico (55 voti contrari e solo 21 a favore)e si era dimesso dopo la votazione del Consiglio. Al suo posto i sardi avevano eletto Ugo Cappellacci, che dopo un percorso travagliato aveva approvato il Pps, il Piano paesaggistico dei sardi, appena due giorni prima della scadenza del mandato. Uno strumento dalla vita brevissima perché non era sopravvissuto alla prima seduta della giunta guidata dal successore di Cappellacci, Francesco Pigliaru, che aveva revocato la delibera per poi cancellare anche l’atto preliminare. Mentre la Sardegna covava la legge urbanistica, nel 2009 Silvio Berlusconi inaugurava il Piano Casa “da realizzare attraverso le leggi regionali” che in Sardegna era stato prorogato fino al 2014 per poi essere sostituito dalla Legge Casa dell’amministrazione Pigliaru.

La Legge urbanistica. È composta da 113 articoli nati per essere sostenibili, dalla politica ma soprattutto dal territorio. Quello che ha fatto sbiadire il pallino della sostenibilità è il numero 31, che assegna i premi di cubatura per le strutture alberghiere realizzate nella fascia di rispetto, quella dei 300 metri dal mare. Un argomento sensibile, spesso al centro di discussioni. Per limare il margine di interpretazione è necessario dare un’occhiata alle quattro macro aree – decise dalla Regione ma che dovranno essere individuate dai Comuni – in cui sono previsti gli aumenti di cubature. La prima è quella che comprende la fascia di rispetto, l’area intoccabile del Piano paesaggistico regionale e il sancta sanctorum degli ecologisti.

Salvaguardia ambientale. Il principio è basato sul miglioramento e sull’efficientamento dell’esistente, senza alcun tipo di deroga per costruzioni ex novo. I premi di cubatura, che comunque non potranno corrispondere a incrementi volumetrici superiori al 25 per cento dell’esistente, saranno vincolati alla bontà degli interventi di manutenzione straordinaria, di ristrutturazioni, di restauro e di riqualificazione ambientali anche nella zona di massima tutela: a usufruire dei premi potrebbero essere quaranta strutture alberghiere.
Le aree rurali. In campagna la superficie minima edificabile non dipende più dall’estensione dei campi. O meglio, il tabù dei tre ettari è caduto e adesso il cemento sarà vincolato ai tipi di coltura. Le cubature, infatti, saranno stabilite in base alle attività produttive e avranno un incremento medio del 20 per cento. Chi si occupa di coltivare prodotti orticoli potrà costruire anche se in possesso di un solo ettaro di terra impegnata. Chi invece produce cereali avrà necessità di 30 ettari. La regola della diversificazione vale anche per gli allevamenti: chi si occupa di suini dovrà partire dai 3 ettari mentre, al limite opposto, gli apicoltori avranno bisogno di cinque ettari.

Aree urbane e di espansione. Il primo caso prevede un incremento massimo del 30 per cento mentre nelle ex aree di espansione sarà il Comune a definire i fabbisogni abitativi e di servizi che, comunque, non potranno superare il 10 per cento del totale della zona urbanizzata.

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