La Nuova Sardegna

I migranti per frenare lo spopolamento

di Antonio Meloni
I migranti per frenare lo spopolamento

Fondazioni Segni e Sardegna: gli immigrati come rimedio all’assenza di manodopera nelle campagne

01 aprile 2017
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SASSARI. Quella di impiegare manodopera straniera per il ripopolamento della campagna sarda è un'ipotesi tutt'altro che remota. Un numero importante di immigrati lavora già all'interno di aziende agricole e zootecniche dell'Isola, ma il valore del 6 per cento del totale è assolutamente esiguo a fronte di flussi migratori decisamente più rilevanti. Dopo tanti proclami che plaudono alla presenza degli stranieri come risorsa da impiegare sul territorio, la Fondazione Segni e la Fondazione di Sardegna hanno commissionato una ricerca all'università di Sassari per fare il punto della situazione e suggerire alla politica le strade possibili da imboccare.

I primissimi risultati dell'indagine, realizzata da Piero Pulina e Antonietta Mazzette con il contributo di Fabio Madau, Daniele Pulino e Piero Fois, sono stati illustrati dagli autori, ieri pomeriggio a Sassari, alla Camera di commercio. Tra i dati i tanti snocciolati durante la serata, colpisce soprattutto il fatto che su 377 comuni sardi, 177 hanno gravi problemi demografici. Come dire il 38 per cento della superficie regionale e il 14 per cento della popolazione. Ma ciò che preoccupa è soprattutto la previsione che da qui al 2050 la Sardegna perderà 150 mila abitanti e 50 comuni sono a rischio di scomparsa. La domanda che Mario Segni ha rivolto ai relatori, in apertura di lavori, è se questa emorragia possa essere arginata dalla crescente manodopera straniera che a più riprese arriva nella nostra regione. Risposta non facile, ma sulla quale si può riflettere considerando che, come ha fatto notare Flaminia Ventura dell'università di Perugia, nella penisola il 9 per cento della popolazione è composta da stranieri che fanno già parte del tessuto produttivo. «Di questi – spiega l'economista – il 91 per cento è concentrato nei sistemi del lavoro extraurbani», cioè nelle campagne, in quei distretti in cui l'artigianato e la piccola e media impresa sono più presenti. In Sardegna, stando all'indagine curata da Fabio Madau e Daniele Pulino, si registra il 60,9 per cento degli immigrati impiegati nella zootecnia, il resto in agricoltura e nel florovivaismo. La sensazione che si respira, dunque, è che il continuo flusso migratorio può certamente supplire alla mancanza di manodopera, alla desertificazione delle campagne e alla lenta e dolorosa fuoriuscita delle aziende dal sistema produttivo, ma occorre studiare il fenomeno e individuare percorsi formativi finalizzati alla qualifica degli immigrati. Qui, però, si registra un altro problema. «L'incomprensibile difficoltà – conclude Piero Fois – di acquisire informazioni da parte dei centri di prima e seconda accoglienza tenuto conto del fatto che comunque le prefetture e le forze dell'ordine conoscono alla perfezione la situazione di ogni centro».

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