La Nuova Sardegna

Finanziaria, la maggioranza regge

Il centrosinistra cade solo una volta nonostante lo strappo col Campo progressista

29 marzo 2017
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CAGLIARI. La Finanziaria scivola via che è una bellezza. Supera di slancio ogni tipo di trappola, acchiappa qualche buon suggerimento lungo strada, ma lascia per strada un bel po’ di possibili investimenti da una a parte all’altra della Sardegna. Alla fine, nei primi tre articoli, la maggioranza di centrosinistra è andata sotto solo una volta e per un voto. È stato sull’emendamento – era stato presentato dal Campo progressista – destinato a evitare che gli appalti esterni della Regione, dalla vigilanza alle pulizie degli uffici, siano sempre al ribasso e riducano i lavoratori a pacchi postali da un’azienda all’altra. Poi c’è stata la correzione volante per i gettoni di presenza destinati agli amministratori comunali che parteciperanno alle riunioni dei Consigli provinciali. Suggerita dall’Uds, è stata fatta propria da quasi tutti i partiti, anche se finirà per essere impugnata dal governo. Il motivo? Quegli incarichi di secondo livello non prevedono compensi dalle Alpi a Lampedusa, e i sardi non potranno essere certo diversi.

Storie e storielle. La Finanziaria da 7,6 miliardi è zeppa di aneddoti. Alzi la mano chi sapeva dell’esistenza della trota macrostigma sarda? Esiste, è una specie in via d’estinzione e per non farla scomparire del tutto, ecco 50mila euro. Il piccolo finanziamento sarà speso da Forestas e dall’università di Sassari per ripopolare i fiumi sardi. Poi c’è stato il caso del parassita delle querce. Che il lepidottero debba essere debellato non ci sono dubbi, ma c’è voluta quasi un’ora per mettere tutti d’accordo e raddoppiare il capitolo di spesa: da 300 a 600mila euro. Non ha avuto invece fortuna l’emendamento bipartisan – era firmato dal Pds e dall’Udc – per dragare dopo un decennio il fiume Temo di Bosa. Il milione e mezzo che serviva doveva arrivare dalla gara per l’elisoccorso, ma quel bando è già lanciato e altri soldi non sono stati trovati. Per grazia ricevuta è arrivato dal cielo il milione con cui i parroci potranno ristrutturare diverse chiese. Mentre sono finiti al macero gli emendamenti per i milioni extra a favore della strada Buddi-Buddi e di quelle vicinali nel Sassarese: senza copertura finanziaria, le proposte hanno avuto vita breve. Sono stati negati due milioni ai Fratelli d’Italia: volevano dare un contributo a chi quest’anno avrebbe comprato un’auto elettrica. Di contro il Consiglio regionale potrà contare su un milione tondo per ristrutturare un Palazzo, il suo, che scricchiola. Infine ai Rossomori è stato vietato d’intaccare i 300 milioni che la Sfirs ha fermi e invece sarebbero potuti servire nel bilancio. Perché? Perché la piccola Federal Reserve di casa nostra è una Spa controllata dalla Banca d’Italia e la politica mai ci potrà mettere le mani.

Timone a dritta. Anche se oggi il Consiglio dovrà affrontare l’incognita delle spese sanitarie, 3,5 miliardi, la metà del bilancio della Regione, finora la maggioranza di centrosinistra non ha avuto problemi con i quasi ribelli del Campo progressista. Ottenuto l’impegno della giunta per pretendere dal governo il riconoscimento alla Sardegna dello status d’insularità, sono stati meno minacciosi di quanto avevano annunciato: al massimo, si sono astenuti. La coalizione ha resistito con orgoglio anche alle sortite di qualche consigliere caricato a molla da esagerati interessi di campanile. Anche qui è stato un percorso netto o quasi per l’assessore al bilancio Raffaele Paci, che però ha dovuto incassare una legnata dal centrodestra. Questa: «Con i comuni amici – hanno detto da Forza Italia al Psd’Az e dai Riformatori all’’Udc – è stato di manica larga, con gli altri molto meno». Polemiche e presunti favori a parte, il Fondo unico per gli enti locali sarà anche quest’anno di oltre mezzo miliardo. Ma resta comunque il problema delle zone interne: c’è il caso Nuoro, che rischia la bancarotta, e quello dei piccoli Comuni prossimi allo spopolamento. La giunta Pigliaru ha detto che il master plan è pronto, eppure all’orizzonte rischia di esserci ancora il solito deserto. (ua)

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