La Nuova Sardegna

Pigliaru: alluvioni, i fatti oltre l’emergenza

Pigliaru: alluvioni, i fatti oltre l’emergenza

Capoterra, inaugurato il primo intervento dopo il disastro del 2008. I casi di Olbia, Bitti e Villagrande

23 marzo 2017
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CAPOTERRA. Le alluvioni sono da sempre delle maledizioni che piovono dal cielo, ma diventano tragedie, con morti e devastazioni, quando l’uomo ci mette del suo. È stato così, nel 2008, a Capoterra quando due fiumiciattoli gonfiati dalla piena improvvisa spazzarono via le case costruite negli anni sessanta proprio in mezzo al rio San Girolamo e al gemello Masone Ollastu. Purtroppo è stato ancora il mancato rispetto dell’ambiente la causa di altre terrificanti alluvioni: da quella di Olbia fino alle inondazioni a Villagrande e Bitti. «Dobbiamo educare i sardi al rispetto delle regole, ma anche la politica deve dimostrare di essere coerente. Non è più la stagione dei condoni, ma di divieti credibili e condivisi destinati a mettere in sicurezza le persone». Sono state queste le parole del presidente della Regione Francesco Pigliaru all’inaugurazione della prima opera che dopo ben nove anni comincia a cancellare le ferite, i morti furono quattro, lasciate dall’alluvione di Capoterra. Il lotto è stato concluso e consegnato da tre imprese sarde – Moderna costruzioni, Frida e Scebo – e oggi è una grande spianata fra il mare e la Statale in cui i due fiumi non sono più prigionieri ma «liberi di scorrere anche se un domani la bomba d’acqua del 2008 dovesse riabattersi su Capoterra», ha detto Giovanni Piras, che ha parlato a nome delle aziende. Per poi e aggiungere: «Nelle grandi opere pubbliche devono lavorare i sardi. Solo loro conoscono e aman davvero o ogni angolo della loro terra». Per la spianata sono stati spesi oltre 11 milioni di euro, finanziati in parte dall’Unione Europea e con un’altra quarantina saranno costruiti entro il 2020 due ponti dall’Anas e aperti i cantieri per addomesticare le pazzie dei due fiumi anche subito le sorgenti, «Quando siamo arrivati al governo della Regione – ha detto Pigliaru – era il 2014 e in nessuno dei quattro territori devastati dalle alluvioni erano cominciati i lavori per contrastare il rischio idrogeologico. Abbiamo preso in mano la situazione e senza clamori siamo andati oltre un’emergenza che durava da troppo tempo». È stato l’assessore ai lavori pubblici Paolo Maninchedda a mettere in fila quello che i tecnici chiamano l’agenda degli interventi. «A Villagrande – ha detto – i lavori sono quasi conclusi. A Olbia, seppure fra molte polemiche, stanno per essere concesse le autorizzazioni e potranno cominciare i lavori. A Bitti il confronto fra i progettisti è a buon punto e presto anche lì saranno aperti i cantieri». È la strategia del fare, l’ha definita il governatore, in cui «agli annunci devono seguire i fatti dopo aver trovato le migliori soluzioni necessarie anche per contrastare i soliti facili populismi sulla politica che non fa. Noi abbiamo fatto e continueremo a farlo». L’assessore ha ribadito un altro concetto forte: «Lo Stato vive in una tale confusione che ogni intervento finisce per schiantarsi su una burocrazia impegnata in un’assurda guerra fratricida. Noi abbiamo cercato di superare tutti gli ostacoli, a Capoterra, e ci siamo riusciti. Faremo altrettanto ad Olbia, Villagrande e Bitti, perché alla fine il senso del dovere, seppure a fatica, riesce ad avere la meglio». È stato il sindaco di Capoterra, Francesco Dessì, a ricordare quasi fosse un monito che «l’uomo non deve più sfidare la natura, ma capirla e rispettarla». Ed è proprio su queste parole che è arrivato il commento finale di Pigliaru: «Per questo dobbiamo educare i politici e la gente a pensare solo al nostro patrimonio più grande; il bene comune».

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