La Nuova Sardegna

Le quattro consigliere vestite a lutto

Busia, Pinna, Forma e Zedda hanno ricordato le vittime e rinnovato l’appello per la doppia preferenza

09 marzo 2017
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CAGLIARI. Di nero vestite, in quattro, perché «sono ancora troppe le donne uccise, indifese, sfruttate, emarginate, costrette a stare sempre due passi indietro rispetto agli uomini». È stata questa la scelta delle uniche quattro consigliere regionale su sessanta. Anna Maria Busia del Centro democratico-Campo progressista, Alessandra Zedda, Forza Italia, Rossella Pinna e Daniela Forma del Pd hanno indossato il lutto l’8 marzo. La loro è stata una protesta preparata, perché «non c’è nulla da festeggiare». Lo avrebbero voluto dire anche in aula, ma solo a una di loro, Anna Maria Busia, è stato concesso d’intervenire. «Avremmo voluto un dibattito più approfondito sulla questione femminile in Sardegna», hanno detto, per poi auspicare che, prima i o poi, i capigruppo – che sono tutti uomini – «ci lascino lo spazio necessario e abbiano meno fretta nel chiudere il dibattito su perché non c’è ancora la parità di genere. Neanche nella legge elettorale della Sardegna e insieme hanno lanciato un appello: «È indispensabile che sia approvata nel più breve tempo possibile e che cadano anche le ultime resistenze, spesso silenziose, dei colleghi maschi». Prima di presentarsi insieme, in conferenza stampa, avevano anche incontrato le dipendenti del Consiglio, sono 95 su oltre 200, che a loro volte avevano preparato un documento dal titolo eloquente «L’8maro lotto anch’io». Perché se molti passi in avanti sono stati fatti, il femminicidio è ancora una grande, la prima emergenza. «L’ultimo è stato a Iglesias, con il marito che ha ammazzato la moglie dopo che lei aveva chiesto inascoltata aiuto allo Stato – hanno ricordato – ed è per questo che abbiamo indossato il lutto». Per poi ricordare lo slogan della giornata-sciopero delle donne: «Mai una meno», trasformato subito in «Meglio una in più». Perché nella politica e anche nel mondo del lavoro: «Siamo troppo spesso all’anno zero». Fino a un secondo appello lanciato stavolta anche fuori dal Palazzo: «Serve un cambiamento culturale. Quella sui diritti non è battaglia al femminile, ma deve essere portata avanti insieme dagli uomini e dalle donne». Non è facile in un mondo, quello della politica, che anni fa bocciò la doppia preferenza di genere con un voto segreto, poco coraggioso e da cospiratori della peggior specie. «C’è chi vuole costringerci a essere sempre nelle retrovie – è stato un altro passaggio – ma nulla di tutto questo è più accettabile». È una battaglia per la dignità non solo in politica che porteranno avanti ancora, perché «se le donne si fermano, a fermarsi è il mondo». Mentre «oggi più che mai tutt’insieme dobbiamo superare gli steccati e cancellare la violenza e il sopruso».

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