La Nuova Sardegna

Caterina, la moglie coraggio

Caterina, la moglie coraggio

Da due anni accanto al marito perché la miniera di Olmedo non chiuda

08 marzo 2017
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SASSARI. Una mattina di due anni fa il marito l’ha chiamata al telefono: «Cate, qui stanno chiudendo tutto». Si trattava della miniera di Olmedo: insieme alle gallerie si concludeva un capitolo della vita di Caterina Trivero, pasticciera di 41 anni di Putifigari, moglie di un minatore, mamma di due bambini di 9 e 7 anni. Proprio in quel momento, quando il mondo le crollava addosso, ha deciso che non si sarebbe mai arresa e che avrebbe lottato contro quella che giudica una grande ingiustizia, la messa in mobilità, da un giorno all’altro, di tutti i dipendenti della miniera di bauxite, attività che dava da vivere a oltre trenta famiglie.

«Quando mio marito mi ha dato la notizia - racconta - abbiamo deciso di non perdere la calma e di spiegare anche ai nostri figli, in modo semplice, ciò che stava accadendo. Soprattutto il grande è venuto con noi a ogni manifestazione che abbiamo organizzato consapevole che si trattava di qualcosa di ingiusto».

E lei stessa non ha esitato a indossare l’elmetto del marito assieme alle altre mogli e scendere in piazza per far sentire la voce di famiglie in sofferenza. Una donna “tosta”, che per fortuna ha un lavoro e ha potuto far stare più tranquilli i suoi. «Una condizione di privilegio che purtroppo non è molto diffusa tra le famiglie dei minatori. Infatti molte delle donne che prima si occupavano della casa si sono messe a cercare un qualunque impiego per sbarcare il lunario». Ma anche la vita di Caterina non è semplice: ogni mattina esce di casa alle sei per andare al lavoro e rientra nel primo pomeriggio, poi si occupa dei suoi figli. «Ho sempre lavorato, da quando sono maggiorenne - dice -. Perché penso che l’indipendenza economica e una passione siano delle marce in più per una persona». Un valore che Caterina intende trasmettere ai suoi piccoli, soprattutto alla figlia perché un domani abbia, appunto, la propria indipendenza e possa, in caso di bisogno, essere vicina al suo compagno in modo concreto. La crisi della miniera non si è ancora risolta e Caterina con il marito e i figli, si sentono ancora in lotta per riguadagnare i diritti perduti. Ecco perché oggi non ha voglia di celebrare in modo particolare la Giornata per i diritti delle donne. «In passato sono uscita con le mie amiche per una serata speciale ma non vivo l’8 marzo come un appuntamento così significativo. Stavolta preferisco stare con la mia famiglia e pensare con fiducia al futuro». (g.g.)

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