La Nuova Sardegna

Condanna-bis per Ladu: cinque anni e otto mesi

di Mauro Lissia

Sconto di quattro mesi sul primo giudizio perché uno dei reati si è prescritto Il pg: «Argomentazioni impresentabili, come si fa a giustificare certe spese?»

03 marzo 2017
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CAGLIARI. Gli ormai famosi sensori di parcheggio installati a spese pubbliche, il carrozziere per la propria auto e per quella della moglie pagato coi soldi del gruppo politico regionale come il frigorifero, i telefonini, i viaggi all’estero nei giorni di festa, il celeberrimo banchetto campestre di Sadali a base di pecore e formaggi, organizzato per festeggiare l’affermazione elettorale: per il pg Maria Grazia Genoese agli atti del processo all’ex senatore del Pdl Silvestro Ladu c’è quanto basta per togliere ogni dubbio su un’affermazione di colpevolezza che l’imputato ha cercato di contrastare «con argomenti impresentabili e insostenibili». Dopo la lunga requisitoria e una camera di consiglio conclusa solo a pomeriggio inoltrato la Corte d’Appello presieduta da Antonio Onni - consiglieri Alessandro Castello e Silvia Badas - ha accolto pienamente la richiesta dell’accusa e ha respinto il ricorso dei difensori Pietro Longo e Massimo Delogu. Dichiarato Ladu responsabile di peculato continuato e falso ideologico, il conto della pena fa cinque anni e otto mesi: in primo grado erano stati sei, lo sconto di quattro mesi è legato alla prescrizione di uno dei capi d’imputazione per falso, quello relativo al rendiconto del gruppo di Fortza Paris del 2008. Per l’ex consigliere regionale di Siniscola neppure le attenuanti generiche: «Ha portato in tribunale, al primo giudizio, tre testi ora indagati per falsa testimonianza - ha sostenuto la pg - e ha tenuto un comportamento processuale tale da non meritare alcuna clemenza». E’ la terza sentenza sfavorevole a Ladu, perché ai verdetti penali va aggiunta la decisione della Corte dei Conti, che l’ha condannato a risarcire l’erario per i 253 mila euro spesi senza giustificazione, prosciugando il conto del gruppo al punto da far fuori persino i tfr accantonati per i dipendenti.

L’intervento dell’accusa ha girato attorno all’ormai citatissima sentenza Drago-Provenzani emessa dalla Cassazione nel 2009. Sentenza tombale, perché stabilisce quello che già il buonsenso dovrebbe suggerire: nessuno, compresi gli organi dei servizi segreti, può spendere denaro pubblico senza documentare le ragioni della spesa. «Ogni spesa - ha spiegato il pg Genoese - deve far riferimento a una previsione normativa ed è soggetta a controllo, oltre ad essere conforme alle finalità». Non solo: «Il fine della spesa - ha aggiunto il magistrato - dev’essere rigorosamente pubblico». Ma allora come si fa a giustificare l’acquisto - ha ricordato il pg - dei sensori di parcheggio? Ladu spiegò in tribunale che quegli apparecchi avrebbero garantito un risparmio al Consiglio regionale: stretto com’era, lo spazio di sosta che gli era stato riservato lo costringeva a manovre complesse e spesso la sua auto ne usciva danneggiata. Grazie ai sensori Ladu avrebbe evitato i danni e i relativi rimborsi. «Mi auguro - ha detto la pg Genoese - che abbia sostenuto questa tesi in buona fede». I difensori hanno ribattuto ricordando la nebulosità delle norme sull’uso dei fondi destinati ai gruppi («nessuno ci ha capito nulla» ha detto l’avvocato Delogu), mentre Ladu ha affidato il proprio commento a una nota: «La sentenza è ingiusta e sarà impugnata - è scritto - mi aspettavo un’assoluzione, non una riduzione della pena. Ritengo di aver operato bene e sempre nell’interesse delle istituzioni che ho rappresentato. Ero e sono convinto che ciò che ho fatto fosse consentito, non perché così hanno fatto tutti i consiglieri regionali da sempre, ma perché così era previsto dai regolamenti interni del Consiglio regionale, il quale mai ha posto rilievi sul mio operato. Ho utilizzato i fondi per fini istituzionali e sempre riconducibili all’attività del gruppo consiliare di cui ero presidente. Questa vicenda mi addolora perché mette in discussione valori e princìpi sui quali ho sempre creduto. Il mio passato professionale e politico è senza ombre e per questo motivo mi batterò a testa alta e difenderò la mia reputazione in tutte le sedi. Lo farò per me, per la mia grande famiglia, che mi ha sempre capito e sostenuto, e per tutti quelli che mi hanno sempre dato fiducia».

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